Israele sgancia bombe da 900 kg sui luoghi «sicuri»
Solo un Consiglio Le inchieste del Washington Post e del New York Times: come in Vietnam, quattro volte peggio di Mosul
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In mezzo al fetore della morte Imad Abu Samadana, infermiere al «Nasser» di Khan Yunis, da settimane ha il compito di registrare il maggior numero di dati sui cadaveri portati all’ospedale. «Nome, numero di carta d’identità, età, sesso, facciamo di tutto per identificarli ma spesso non è possibile, alcuni corpi sono gravemente mutilati» spiega Abu Samadana a un collega palestinese che ci aiuta a raccogliere notizie e storie fra i due milioni di civili sotto attacco israeliano e costretti a vivere in condizioni disumane. La stampa estera non può ancora entrare a Gaza. «Solo i corpi di coloro che sono stati identificati dalle famiglie vengono rilasciati per la sepoltura, gli altri restano nei frigoriferi dell’obitorio, spesso per settimane», aggiunge Abu Samadana. Un compito ingrato che l’infermiere svolge in circostanze molto difficili e con il timore di restare a sua volta ucciso in un bombardamento aereo. Proprio a Khan Yunis le forze armate israeliane hanno ulteriormente intensificato la loro offensiva. E agli abitanti di Al Burej, nella zona centrale di Gaza, ieri è stato ordinato dai comandi israeliani di abbandonare subito le loro case per un’altra espansione delle operazioni militari. A Rafah, sul confine con l’Egitto, è stato annunciata una pausa quotidiana di qualche ora dei bombardamenti per far transitare gli aiuti destinati ai civili stremati. «Siamo rigorosi al Nasser – sottolinea Abu Samadan – dobbiamo rispettare il dolore delle famiglie delle vittime che desiderano tenere, quando è possibile, i riti funebri per i loro parenti uccisi dalla bombe».
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Sei giorni dopo, su Gaza l’Onu vota una risoluzione annacquataSono davvero tanti i corpi che si sono dovuti identificare in quasi 80 giorni di attacchi aerei e di terra lanciati dall’esercito israeliano. 20,057 in gran parte civili secondo i dati diffusi ieri dal ministero della sanità a Gaza. Contarli diventa sempre più difficile a causa della chiusura di ospedali e centri sanitari, mentre Israele continua a respingere le cifre del ministero di Gaza che descrive come una «struttura di Hamas» che non fa distinzione tra civili e combattenti morti. Eppure, quei dati sono raccolti da un centro informazioni centrale che utilizza un sistema computerizzato fornito dall’Oms. Dall’inizio di dicembre, il ministero non è stato più in grado di ottenere rapporti regolari dagli obitori degli ospedali nel nord di Gaza a causa dell’offensiva israeliana. Per questa ragione si ritiene non «gonfiato» ma al contrario sottostimato il bilancio di morti. Da qualche settimana accademici e volontari di tutta Europa, Stati uniti, India e dell’organizzazione Airwars lavorano per analizzare i dati forniti dal ministero della sanità di Gaza e determinare il numero delle vittime civili. La ricercatrice Zeina Jamaluddine, che collabora con la rivista medica Lancet, ha detto alla Reuters che «Sebbene nessun dato sia perfetto al 100%, la Palestina dispone di numeri di alta affidabilità».
Se Israele mette in dubbio la credibilità del bilancio delle vittime fornito dai palestinesi – altrettanto fece a fine ottobre Joe Biden – allo stesso tempo destano perplessità alcune delle versioni date dal suo esercito su quanto è accaduto e accade a Gaza. Un’inchiesta svolta dal quotidiano statunitense Washington Post, afferma che le prove presentate da Israele prima e dopo il suo attacco all’ospedale Shifa di Gaza, non abbiano dimostrato che Hamas usasse l’ospedale per le sue attività e che sotto la struttura sanitaria si trovasse una base vera e propria del movimento islamico. Il portavoce militare israeliano, Daniel Hagari, è stato molto impegnato a giustificare l’assedio allo Shifa con la presenza di un centro di comando direttamente accessibile dell’ospedale. Israele ha anche presentato foto e video relativi al presunto ritrovamento di armi e al passaggio nell’ospedale di alcuni dei civili rapiti da Hamas durante l’attacco del 7 ottobre. Nonostante ciò, sottolinea il Washington Post, nessuno dei materiali diffusi da Israele dimostra che Hamas utilizzasse lo Shifa come centro di comando e controllo. Un’indagine svolta da un altro importante quotidiano Usa, il New York Times, inoltre denuncia che «Israele ha bombardato anche aree che dovevano essere sicure per i civili». E l’ha fatto, afferma il giornale, con bombe potenti e altamente distruttive. «L’indagine video si concentra sull’uso di bombe di oltre 900 chilogrammi in un’area del sud di Gaza dove Israele aveva ordinato ai civili di spostarsi», scrive il Nyt.
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Una guerra da «vincere» sulla pelle dei palestinesiUn ordine simile è giunto agli abitanti di Al Burej già preso di mira dai carri armati israeliani giunti ieri alla periferia orientale del campo profughi. Le forze israeliane cominciano ora a spingersi in profondità nell’area edificata dove vivono o vivevano decine di migliaia di rifugiati della Nakba nel 1948. In quella stessa zona, a Johr a Dik, lo Stato ebraico afferma di aver distrutto rampe di lancio di razzi. Pesanti bombardamenti di artiglieria e attacchi aerei sono avvenuti, ancora una volta, su Jabaliya nel nord – 90 morti e 100 feriti – dove, riferiscono testimoni, combattenti di Hamas continuano ad opporsi a soldati e mezzi corazzati causando perdite alle forze israeliane. Israele ieri ha comunicato che da fine ottobre, quando è cominciata l’offensiva di terra, ha perduto in combattimento 139 militari. Attacchi aerei hanno colpito di nuovo Khan Yunis e Rafah. Filmati condivisi sui social mostrano corpi sparsi per strada e alcuni sepolti sotto le macerie attorno all’ospedale indonesiano di Beit Lahiya.
Per i civili palestinesi le speranze di una fine in tempi brevi della guerra sono minime di fronte al blando testo della risoluzione approvata ieri dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu che, a causa delle pressioni Usa, non chiede come si sperava il cessate il fuoco immediato e permanente ma prevede solo maggiori aiuti umanitari per Gaza. Sono fermi anche i colloqui indiretti, attraverso Qatar ed Egitto, tra Israele e Hamas per scambi tra i 128 ostaggi israeliani a Gaza e i prigionieri politici palestinesi in carcere in Israele. Save the Children avverte che la situazione a Gaza sta spingendo bambini e famiglie intere verso la carestia, specie nel nord dove non riesce ad arrivare quasi nessun aiuto umanitario.
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