È rimasto chiuso ieri l’aeroporto internazionale di Aleppo colpito mercoledì sera dall’aviazione israeliana in un quello che è stato uno dei bombardamenti più pesanti compiuti da Israele nell’ultimo anno in Siria e che non ha risparmiato un altro aeroporto civile, quello della capitale Damasco. Quattro missili hanno messo fuori uso l’unica pista e, pare, anche la torre di controllo dello scalo nel nord della Siria. A Damasco, secondo la tv Al Mayadeen, i missili hanno centrato siti nei pressi dell’aeroporto internazionale e località lungo l’autostrada Damasco-Daraa e a Kiswah. Non ci sono state vittime ma le esplosioni hanno provocato danni gravi. Il governo israeliano non ha commentato in alcun modo la notizia.

Fonti non ufficiali hanno riferito che ad Aleppo l’attacco avrebbe preso di mira magazzini che contenevano razzi giunti dall’Iran. I media israeliani hanno parlato di raid compiuti subito dopo l’atterraggio ad Aleppo di un aereo civile di una compagnia legata alla Guardia rivoluzionaria iraniana che trasportava oltre ai passeggeri componenti per missili. L’uso di voli civili, stando sempre alla stampa israeliana, avrebbe lo scopo di impedire il rilevamento da parte dell’intelligence israeliana e statunitense dei trasporti di armi dall’Iran al movimento sciita libanese Hezbollah alleato di Teheran.

Non è possibile verificare le affermazioni israeliane, dell’Iran e di tutti gli altri attori protagonisti di questo conflitto (a distanza) tra Tel Aviv e Teheran. Tuttavia, è credibile collegare gli attacchi di mercoledì sera anche all’evoluzione positiva della trattativa internazionale in corso per il rilancio del Jcpoa, l’accordo del 2015 sul programma nucleare iraniano contestato con forza da Israele. Perciò è probabile che questi attacchi contro la Siria, che ospita consiglieri militari iraniani e milizie filo-Teheran, siano destinati a moltiplicarsi. L’Amministrazione Biden, favorevole all’intesa con l’Iran, permetterà più di prima a Israele di flettere i muscoli, in una sorta di risarcimento per la luce verde che sta dando al Jcpoa. Non interverranno gli europei e neppure la Russia alleata di Damasco, persino di fronte a raid che prendono di mira aeroporti civili.

Ieri il ministro degli esteri siriano Faisal al Meqdad ha avvertito che «Israele sta giocando con il fuoco e sta mettendo a rischio la sicurezza regionale». Poi ha avvertito che «la Siria non rimarrà in silenzio di fronte ai ripetuti attacchi e gli israeliani ne pagheranno il prezzo prima o poi». La realtà è un’altra. La Siria non può rispondere, come si è visto in tutti questi anni, perché facendolo darebbe a Israele l’occasione per colpire in modo devastante. Damasco è l’anello debole dell’alleanza a tre con Teheran e Hezbollah. Israele lo sa e insisterà con i suoi raid militari volti a mandare precisi avvertimenti all’Iran.

La tensione resta alta anche nella Cisgiordania occupata. Due palestinesi sono stati uccisi ieri durante raid di forze militari israeliane prima dell’alba. Nel campo profughi di Balata, a Nablus, è stato colpito morte Samer Khaled. Ad Al Bireh è stato ucciso Yazan Afaneh.