Israele e Hezbollah, un passo oltre la guerra d’attrito
Il campo largo Attacchi incrociati lungo il confine israelo-libanese. Il gruppo sciita: «È solo l’inizio»
Il campo largo Attacchi incrociati lungo il confine israelo-libanese. Il gruppo sciita: «È solo l’inizio»
Ieri è stato il giorno più vicino a un conflitto aperto tra Israele e Hezbollah dal 7 ottobre. Dando seguito ai recenti avvertimenti lanciati dal suo capo, Hassan Nasrallah, nei discorsi pronunciati mercoledì e venerdì a Beirut, il gruppo sciita libanese ha preso di mira con decine di razzi il monte Meron, nell’alta Galilea, dove si troverebbe una importante base radar e di sorveglianza elettronica israeliana, in risposta all’assassinio a Beirut, attribuito al Mossad, del vice leader di Hamas, Saleh Aruri.
«È LA RISPOSTA INIZIALE al crimine di assassinio del grande leader Sheikh Arouri… la resistenza islamica ha preso di mira la base di controllo di Meron con 62 diversi tipi di missili».
Le sirene di allarme sono poi scattate in diversi villaggi e cittadine della Galilea settentrionale e sulle alture del Golan occupate da Israele, a causa di altri attacchi, anche con droni, rivendicati da Hezbollah. Più tardi il gruppo islamico libanese Jamaa Islamiya ha annunciato di aver lanciato razzi contro Kiryat Shmona.
Il fuoco israeliano è stato intenso su tutta la fascia sudlibanese a ridosso del confine, da Ayta ash Shab a Yaroun fino a Ramyeh e Marjayun. Missili lanciati dall’aviazione hanno colpito obiettivi a 40 km dal confine raggiungendo Kawthariyet el-Siyyed, un’area del territorio meridionale libanese mai toccata in questi tre mesi.
La redazione consiglia:
L’agonia del diritto internazionale e il rilancio dell’Unione europeaLA GUERRA DI ATTRITO tra le due parti sino a oggi ha ucciso 175 persone in Libano, tra cui 129 combattenti di Hezbollah (cinque ieri) e oltre venti civili, tra cui tre giornalisti. Nel nord di Israele sono morti nove soldati e quattro civili. Questo mentre i massimi rappresentanti della diplomazia di Usa ed Europa, Antony Blinken e Josep Borrell, si trovano nella regione per impedire una offensiva di terra israeliana in Libano.
Invece riguardo al bagno di sangue a Gaza, Borrell e Blinken non vanno oltre dichiarazioni che non fermano la guerra che ha ucciso 22.722 palestinesi, di cui 122 tra venerdì e sabato. Un bombardamento ha centrato in pieno una casa a Khan Yunis uccidendo 18 persone. Sempre a Khan Yunis altri sette civili sono morti in un raid che ha colpito l’abitazione della famiglia Bries. A Nusseirat una bomba ha ucciso 16 membri della famiglia Shirbawi. Dieci morti a Gaza city, dove un attacco aereo ha preso di mira l’incrocio di Saraya. La Mezzaluna rossa ha riferito di pesanti bombardamenti all’interno di Khan Yunis vicino all’ospedale Al-Amal. Schegge sono volate nella struttura medica tra i forti boati delle esplosioni provocate da droni, si legge in un post su X.
L’ESERCITO ISRAELIANO dice che i suoi commando hanno ucciso tre combattenti di Hamas e il loro comandante e trovato armi, granate e caricatori in una abitazione. Ha pubblicato inoltre la presunta foto di Mohammed Deif, il capo dell’ala militare del movimento islamico. Ieri sera, a tre mesi dall’attacco di Hamas e dall’offensiva israeliana a Gaza, Benyamin Netanyahu ha diffuso un breve comunicato in cui afferma «La guerra non deve essere fermata finché non avremo raggiunto tutti gli obiettivi.
Combatteremo fino a quando non ripristineremo la sicurezza sia nel sud che nel nord. Fino ad allora e a tal fine – ha esortato – tutto deve essere messo da parte e dobbiamo continuare con le forze unite fino al raggiungimento della vittoria assoluta».
A Tel Aviv nello stesso momento migliaia di persone hanno invocato una tregua per rilanciare il negoziato con Hamas per la liberazione dei 134 ostaggi israeliani a Gaza (alcuni di loro sono morti).
TRE MESI DOPO, alcune famiglie israeliane chiedono di far luce sul fuoco aperto dall’esercito il 7 ottobre contro abitazioni civili nei kibbutz e nei piccoli centri abitati a ridosso di Gaza occupati da militanti di Hamas. La famiglia Cohen in una lettera inviata al capo di stato maggiore Herzi Halevi e resa pubblica dalla tv Canale 12, chiede di aprire una «indagine completa e trasparente» sulla decisione di sparare contro la sua casa nel kibbutz Beeri mentre civili israeliani erano tenuti prigionieri all’interno. Il generale Barak Hiram, il mese scorso, ha dichiarato di avere ordinato a un comandante di un carro armato di fare breccia nella casa dei Cohen, anche a costo di colpire i civili.
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento