Crescono gli inviti a cambiare le regole sull’isolamento e al governo non c’è contrarietà assoluta. Già la scorsa settimana, il sottosegretario alla salute Andrea Costa si è detto favorevole a lasciare che i positivi asintomatici possano «continuare a lavorare magari con la mascherina». «Non possiamo permetterci di bloccare il Paese» aveva detto a Sky. «È un passaggio obbligato per la convivenza con il virus».

Ma aveva chiesto qualche giorno di pazienza, ritenendo che il tema «debba essere affrontato non appena sarà passato il picco pandemico». Adesso quel momento sembra arrivato. I 31 mila casi di ieri sono meno dei 37 mila di sette giorni prima. Ricoveri e decessi – 112 quelli di ieri – sono ancora in aumento, ma secondo gli epidemiologi si tratta di una coda sfalsata nel tempo che dovrebbe piegare verso il basso nel giro di una o due settimane.

DALLA PARTE DI COSTA anche diversi epidemiologi. Pierluigi Lopalco già il 2 luglio aveva proposto di eliminare l’isolamento per i lavoratori essenziali positivi ma asintomatici: «Non si tratta solo di tutelare la salute dei lavoratori ma anche di garantire la funzionalità dei servizi messi a dura prova dalle assenze per contagio».

L’epidemiologo Donato Greco, membro dell’ultimo Comitato tecnico scientifico, ne fa una questione di Pil: «Va ridotta consistentemente la quarantena per asintomatici e paucisintomatici, perché sta portando disastri economici» ha detto giovedì all’AdnKronos. Ora è l’assessore alla salute del Lazio Alessio D’Amato a fare pressing. «Visto che noi abbiamo circa duemila operatori in quarantena da asintomatici chiediamo che venga fatta una riflessione perché in altri Paesi hanno consentito ai positivi senza sintomi di rientrare in servizio dopo 5 giorni con mascherina FFP2».

Quello più duro da convincere è il ministro Roberto Speranza, che sul tema dà ascolto soprattutto al direttore generale della prevenzione, il prudentissimo Gianni Rezza. Venerdì Speranza aveva detto «nessun cambiamento in vista in merito all’isolamento». Difficilmente dunque si lasceranno circolare persone positive seppure asintomatiche. Che possano trasmettere il virus è ormai accertato. Inoltre, certificarne lo stato richiede l’intervento medico e il personale necessario per i controlli è del tutto insufficiente. In alternativa, legare l’astensione dal lavoro alle autodichiarazioni esporrebbe eccessivamente i lavoratori con meno potere contrattuale.

D’ACCORDO CON IL MINISTRO il presidente dell’Ordine dei Medici Filippo Anelli: «Togliere l’isolameno, no. Si può pensare di discutere sulla riduzione di uno o due giorni, rispetto ai sette ora previsti, per fare il tampone finale, magari per i paucisintomatici o gli asintomatici, ma il test di uscita va mantenuto».

E infatti i tecnici di lungotevere Ripa e quelli delle Regioni in queste ore stanno lavorando a un’ipotesi di compromesso: chi è positivo rimane a casa ma dopo 48 ore senza sintomi e un test negativo sarà possibile uscire anche senza aspettare i sette giorni (per i vaccinati) o i dieci (per i non vaccinati) attualmente previsti.

Potrebbe accorciarsi anche la durata massima dell’isolamento per chi non si «negativizza»: oggi è di 21 giorni ma presto potrebbe scendere a 15 o a 10 giorni (come chiedono le Regioni).

NEI PAESI EUROPEI paragonabili all’Italia, il panorama normativo è variegato e generalmente più rilassato.

In Francia, l’isolamento obbligatorio dura al massimo sette giorni per i vaccinati e dieci per i non vaccinati, senza tampone d’uscita. Ma chi ha ricevuto le due dosi può uscire dopo cinque giorni con un test negativo, dopo i due giorni canonici senza sintomi. L’uscita anticipata arriva dopo sette giorni per chi non è vaccinato.

In Germania a tutti i positivi è richiesto un isolamento di almeno cinque giorni, e fino a due giorni dopo la scomparsa dei sintomi (senza test d’uscita).

In Spagna le regole sono più rilassate già da marzo. L’isolamento obbligatorio è stato rimosso per asintomatici e paucisintomatici, che però mantengono il distanziamento sociale per una settimana e la mascherina per dieci giorni.

Neanche il Regno Unito prevede obblighi tassativi. Chi è positivo deve «tentare di stare a casa e evitare contatti» per cinque giorni (tre per i minori) e non incontrare persone fragili per almeno dieci giorni.