Irlanda, meglio neutrale
Crisi Ucraina Lo status di Dublino, che risale alla guerra d’indipendenza dall’impero Britannico, torna in discussione. E il primo ministro già guarda alla Nato
Crisi Ucraina Lo status di Dublino, che risale alla guerra d’indipendenza dall’impero Britannico, torna in discussione. E il primo ministro già guarda alla Nato
Per un piccolo paese insulare come l’Irlanda l’appartenenza a istituzioni internazionali riveste un ruolo di primaria importanza. La Repubblica d’Irlanda è, come è noto, non solo paese membro dell’Unione Europea, ma ha dimostrato la sua adesione incondizionata al progetto comunitario seguendo pedissequamente i diktat dell’Ue in seguito alla crisi finanziaria del 2007-2008. Contrasta con la sua fedeltà al progetto europeo la neutralità militare di Dublino: a differenza della quasi totalità dei paesi membri dell’Ue, l’Irlanda non fa parte della Nato.
QUESTA POSIZIONE militarmente neutrale dell’Irlanda gode di un forte consenso popolare: in un sondaggio condotto nel febbraio 2022, poco prima dell’invasione Russa dell’Ucraina, il 76% dei cittadini irlandesi si è espresso a favore della neutralità. Tuttavia, l’establishment irlandese ha sistematicamente cercato di rimettere in discussione la neutralità del paese per rafforzare i suoi legami transatlantici, nonché per assecondare gli interessi di quei loro colleghi europei che desiderano la militarizzazione dell’Ue.
LA NEUTRALITÀ MILITARE dell’Irlanda risale alla guerra d’indipendenza dall’impero Britannico, iniziata durante il primo conflitto mondiale con la rivolta di pasqua (Easter Rising) del 1916 e conclusasi nei primi anni ’20. È perciò fortemente radicata nella coscienza irlandese, che, a partire dalla nascita della Repubblica del sud, ha sempre mostrato una certa opposizione a qualunque forma di militarismo, percepito come costantemente asservito alle medesime logiche coloniali e imperialiste che la Repubblica stessa è sorta per rifiutare e combattere.
Va tuttavia notato che la neutralità militare dell’Irlanda è stata lentamente intaccata negli ultimi trent’anni, soprattutto durante le guerre in Iraq e Afghanistan capeggiate dagli Stati uniti.
Negli ultimi decenni i governi irlandesi hanno permesso all’esercito americano di utilizzare l’aeroporto di Shannon nella zona ovest dell’isola. Shannon è diventato un vero centro nevralgico per le truppe statunitensi, non solo per quanto riguarda l’invio di armate nel Medio Oriente (circa 3 milioni di soldati americani transitati a partire dal 2002), ma anche per l’implementazione del programma di estradizione straordinaria degli Stati uniti (Us Rendition), che prevede il trasferimento di prigionieri in strutture detentive tristemente note per la loro sistematica violazione di diritti umani (in particolare Guantanamo Bay).
L’USO MILITARE dell’aeroporto di Shannon non ha mancato di suscitare proteste da parte della popolazione irlandese, e ha portato alla creazione di organizzazioni antimilitariste ad hoc. Ogni seconda domenica del mese si tengono a Shannon proteste pacifiche, capitanate dall’organizzazione Shannonwatch, che richiedono l’interruzione dell’uso militare dell’aeroporto e che ne venga determinato con precisione il ruolo sistemico all’interno della macchina bellica statunitense. Shannonwatch fa parte della più ampia Alleanza per la pace e per la neutralità (Peace and Neutrality Alliance, o Pana), un’organizzazione per la difesa della neutralità irlandese e del suo ruolo indipendente sulla scena politica internazionale.
LA RECENTE INVASIONE russa dell’Ucraina ha fornito l’ennesima opportunità all’establishment irlandese di rimettere in discussione la neutralità militare dell’isola. L’attuale taoiseach (primo ministro) Micheál Martin ha dichiarato che la neutralità dell’Irlanda è una questione di scelte politiche circostanziali che, in quanto tale, può cambiare in qualunque momento. Un coro di voci, tra politici e altre personalità mediatiche, hanno sostenuto che non si può «restare a guardare» mentre un’invasione di questo tipo è in corso nel ben mezzo del territorio europeo, e che l’Irlanda deve «crescere» e rivedere la sua posizione in materia di neutralità militare.
A PARTE IL CONSENSO popolare di cui gode, a ben vedere la neutralità irlandese può comportare vantaggi evidenti. Dal punto di vista diplomatico essa può costituire un vantaggio negoziale, sfruttando il ruolo di cooperazione che un paese non allineato può avere al tavolo delle trattative. Inoltre, il fatto che l’esercito irlandese non sia stato inviato in Iraq o Afghanistan ha contributo a rendere l’Irlanda bersaglio meno probabile di rappresaglie terroristiche.
Si noti, inoltre, che l’appartenenza alla Nato implicherebbe una spesa militare del 2% del Pil; il che significherebbe quintuplicare l’attuale spesa militare irlandese. In un paese in cui imperversa una crisi immobiliare tra le peggiori del mondo, in cui non esiste un servizio sanitario nazionale, in cui il trasporto pubblico è decisamente insufficiente e le aule scolastiche troppo spesso sovraffollate, è chiaro che una simile previsione di spesa risulti decisamente impopolare.
LA QUESTIONE della neutralità irlandese è rilevante per qualunque futuro progetto di riunificazione dell’isola con l’Irlanda del Nord, la quale, insieme al resto del Regno Unito, fa saldamente parte della Nato. Il partito repubblicano Sinn Féin, che molto probabilmente guiderà la riunificazione dell’isola nei prossimi anni (è attualmente in testa nei sondaggi politici sia nel nord che nel sud), è ancora impegnato a difendere la neutralità militare. Il rischio che, come in passato, le forze politiche in carica smettano di rappresentare la volontà della maggioranza del paese per soddisfare le aspettative dei loro omologhi statunitensi ed europei, tuttavia permane.
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