Sarà un’indagine conoscitiva, dunque non sarà quell’inchiesta sull’abuso delle intercettazioni nelle indagini che preoccupa procure e 5 Stelle. Si risolverà in un’acquisizione di dati, in gran parte già tutti disponibili al ministero e un po’ anche anticipati dalla relazione del ministro della giustizia Nordio che il 6 dicembre davanti alla commissione del senato si è lamentato del costo eccessivo, circa 200 milioni ha detto, e dunque dell’uso eccessivo delle intercettazioni che «da mezzo di ricerca della prova si sono trasformate in strumento di prova». Eppure ieri in ufficio di presidenza della commissione giustizia del senato è stata proprio la presidente Giulia Bongiorno (Lega) a proporre ai commissari di approfondire l’argomento con un’indagine che comporterà anche audizioni di magistrati, avvocati e magari anche giornalisti.

Uno dei temi principali, infatti, è quello della diffusione sulla stampa dei contenuti degli atti di indagine. «La diffusione delle intercettazioni – ha detto ancora Nordio, prima ai senatori e poi ai deputati -, la loro diffusione, talvolta selezionata e magari pilotata, costituisce uno strumento micidiale di delegittimazione personale e spesso politica». Ma proprio su questo aspetto nella scorsa legislatura c’è già stata una riforma (il decreto legislativo 216 del 2017) promossa dall’allora ministro Orlando che ha introdotto maggiori limiti e controlli perché sia rispettato il diritto alla riservatezza delle conversazioni non rilevanti. «Prima di tutto – ha detto il capogruppo del Pd, Alfredo Bazoli, ai colleghi della commissione – l’indagine conoscitiva dovrebbe mettere a fuoco gli esiti di quella riforma, vedere se e come ha funzionato». La riforma Orlando sarebbe dovuta entrate in vigore nel luglio del 2018, ma ben sei proroghe successive (tre decise dai governi Conte e tre dal governo Draghi) ne hanno spostato l’effettiva partenza al settembre del 2020. Dunque una verifica del funzionamento delle nuove norme a questo punto sarebbe quasi tempestiva.

Invece il capogruppo di Forza Italia in commissione, Pierantonio Zanettin, ha chiesto che l’indagine sia rivolta all’uso, e abuso, del captatore informatico, il famoso trojan «che è uno strumento molto invasivo della privacy e molto delicato e che ha registrato molte problematiche». Secondo Zanettin, la commissione dovrebbe anche andare a ispezionare «i locali dove vengono ospitati i server che vengono utilizzati per conservare le registrazioni e che fino a oggi hanno dimostrato criticità in fase applicativa». Nessun gruppo ha sollevato obiezioni e dunque si può dire che l’indagine conoscitiva partirà con il consenso di tutti. Il capogruppo dei 5 Stelle, l’ex magistrato antimafia Scarpinato, ha chiesto di indagare sulle «intercettazioni preventive». Disposte, cioè, direttamente dal pm nei casi di urgenza assoluta e confermate entro 48 ore dal giudice. Un tipo di intercettazioni con meno garanzie che però – si è appreso dall’audizione in commissione – sono quelle che il ministro Nordio preferisce.