L’Occidente si prepara al summit del G7 in Puglia e alla conferenza sulla pace in Svizzera. Russia e Cina rispondono allargando il campo dei cosiddetti paesi emergenti per un «nuovo tipo di cooperazione multilaterale a orientamento globale». E lo fanno al vertice dei ministri degli Esteri dei Brics, il primo dopo l’allargamento del gruppo.

DUE GIORNI DI INCONTRI a Niznij Novgorod, sulle rive del Volga, con gran cerimoniere il padrone di casa Sergej Lavrov. Al suo fianco il cinese Wang Yi e i capi della diplomazia di Brasile e Sudafrica. Assente il ministro indiano S. Jaishankar, ufficialmente per la conferma nel ruolo all’interno del nuovo governo Modi giunta solo lunedì: al suo posto l’alto funzionario Dammu Ravi. Per la prima volta hanno partecipato i cinque nuovi membri: Arabia saudita, Emirati arabi uniti, Iran, Egitto ed Etiopia.

La ministeriale ha prodotto un documento congiunto in 54 punti. Tra i primi obiettivi, l’impegno «a rafforzare e migliorare la governance globale promuovendo un sistema internazionale e multilaterale più agile, efficace, efficiente, reattivo, rappresentativo, legittimo, democratico e responsabile e ad assicurare una maggiore e più significativa partecipazione dei paesi in via di sviluppo e di quelli meno sviluppati ai processi decisionali».

È quello che, nella riunione, Lavrov definisce più esplicitamente «nuovo ordine mondiale». Aggiungendo un elemento di critica agli Stati uniti: «Richiederà tanto tempo questo passaggio e sarà anche difficile, soprattutto perché Washington sta attivamente cercando di impedire il processo». Anche sui media di stato cinesi si mette in contrapposizione «l’inclusività» dei Brics con «i piccoli circoli a guida americana come il G7».

D’ALTRONDE, GIÀ AL PRIMO vertice del gruppo a Brasilia, il presidente Lula disse: «Abbiamo un ruolo fondamentale nella creazione di un nuovo ordine mondiale». Era il 2010 e l’occidente guardava all’iniziativa con interesse, non preoccupazione. A 14 anni di distanza è cambiato tutto e da più parti arrivano richiami a «prendere sul serio» l’allargamento di un gruppo che resta ancora senza una vera struttura ma che sta provando a farsi portavoce di una visione comune sulle questioni globali, avvicinando in qualche modo la definizione di “anti G7”. Nel documento congiunto si riafferma la centralità del ruolo del G20, chiedendo l’ingresso dell’Unione africana. Dure critiche rivolte invece a sanzioni e tariffe: «Condanniamo misure protezionistiche unilaterali, punitive e discriminatorie comminate col pretesto di preoccupazioni ambientali».

Sulle questioni internazionali il documento ha un lessico dalle forti tinte cinesi. Si ribadisce l’impegno «per la risoluzione pacifica delle controversie attraverso la diplomazia e il dialogo inclusivo», che per Pechino significa rispettare le «legittime preoccupazioni di sicurezza di tutti i paesi», come ripetuto più volte sulle varie crisi. Sul Medio Oriente si attacca Israele per la «continua e palese inosservanza del diritto internazionale». Si chiedono poi il cessate il fuoco a Gaza, il rilascio degli ostaggi e l’implementazione della soluzione dei due stati per la Palestina. Sull’Ucraina si sottolinea il tentativo di trovare una soluzione politica, facendo implicito riferimento all’iniziativa di Cina e Brasile per una seconda conferenza riconosciuta anche da Mosca. Lavrov ha invece ringraziato Wang per la «posizione equilibrata e coerente della Cina, per la quale ha deciso di non inviare rappresentanti alla conferenza svizzera».

SONO STATE POI POSTE LE BASI per un ulteriore allargamento del gruppo. Lavrov ha parlato di 30 paesi interessati ad aderire. Tra questi ci sono Cuba, Venezuela, Thailandia e soprattutto Turchia, tutti presenti in Russia. Il ministro turco Hakan Fidan ha affermato che l’ingresso di Ankara nei Brics è «un’alternativa all’Unione europea», prima di essere ricevuto anche da Vladimir Putin. Il presidente russo si prepara peraltro a un delicatissimo viaggio in Asia, che secondo i media locali potrebbe avvenire già la prossima settimana. Dopo una tappa in Vietnam, storico partner nel settore della difesa, Putin dovrebbe andare in Corea del nord. Una sfida diretta al G7, che dovrebbe condannare il rafforzamento dei legami anche militari tra Mosca e Pyongyang. Un viaggio che arriva peraltro mentre la tensione sul confine tra le due Coree è in costante aumento, con qualcuno che inizia a temere che il fronte orientale possa intrecciarsi a quello europeo.