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Incendio nell’ospedale Covid: a Baghdad 89 morti e tanta rabbia

Incendio nell’ospedale Covid: a Baghdad 89 morti e tanta rabbiaLe vittime dell'incendio nell'ospedale iracheno Ibn Khatib – LaPresse

Iraq Sospesi il ministro della Salute e il governatore della capitale dopo la tragedia: le fiamme partite in terapia intensiva. Nel paese più colpito della regione dalla pandemia, il sistema sanitario è al collasso, mai ricostruito dopo due guerre del Golfo e le sanzioni internazionali

Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 27 aprile 2021

I primi effetti della tragedia che ha colpito Baghdad sabato sera si iniziano a vedere: a meno di 48 ore dall’incendio nell’ospedale Ibn Khatib nella zona sud della capitale irachena, la Commissione parlamentare alla sanità sta indagando e il premier Mustafa al-Khadimi (dopo aver sospeso il ministro della Salute, il governatore di Baghdad e il suo direttore sanitario) ha ordinato di controllare lo stato di sicurezza delle sedi delle istituzioni dello Stato.

L’obiettivo è reagire, comunque in ritardo rispetto alle necessità del paese, a un incendio che ha sollevato una tempesta di critiche al governo: il fuoco, seguito all’esplosione di un serbatoio di ossigeno nell’ospedale per malati di Covid-19, ha provocato 89 morti e 110 feriti, bilancio che potrebbe salire vista la gravità delle ustioni di molti pazienti.

Le fiamme sono partite dal reparto di terapia intensiva e hanno devastato l’ospedale, privo di un sistema anti-incendio. Testimoni raccontano di persone che si sono lanciate nel vuoto, altri di familiari che hanno sfidato le fiamme per portare in salvo i propri cari.

L’ospedale di Baghdad, Ibn Khatib, dopo l’incendio (Foto: LaPresse)

I social hanno fatto da cassa di risonanza al dolore e la rabbia degli iracheni, alle prese con un sistema sanitario al collasso da decenni, anche di fronte alla pandemia.

Non a caso l’Iraq è il paese più colpito della regione: oltre un milione di contagi accertati e 15.257 decessi, un incremento esponenziale da metà gennaio e una campagna vaccinale a rilento, che si sostiene solo grazie al programma internazionale Covax. A monte sta una sanità mai ricostruita dopo due guerre, le durissime sanzioni internazionali e l’invasione Usa.

«Un crimine contro pazienti esausti a causa del Covid-19, che hanno messo la loro vita in mano alle istituzioni e invece di essere curati sono morti tra le fiamme», aveva commentato a caldo l’Alta commissione irachena per i diritti umani. Il crimine è reiterato: con un mero 2,5% del budget nazionale destinato alla sanità (contro il 18% dell’esercito), del sistema sanitario all’avanguardia degli anni ’70 restano solo macerie.

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