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In Romagna torna l’incubo alluvione

In Romagna torna l’incubo alluvioneAlluvione in Romagna nel 2023

Colpita duramente la costa adriatica I fiumi sono in piena e alcuni, come il Senio, hanno già oltrepassato il livello rosso

Pubblicato 24 giorni faEdizione del 19 settembre 2024

Torna l’incubo alluvione in Romagna, e non solo. Il ciclone Boris, dopo il Nord Europa sta flagellando anche l’Italia, con diverse regioni colpite, in particolare la costa adriatica, dalla Romagna all’Abruzzo.

Tutte le città della Romagna, già colpite dalla terribile alluvione del 2023, sono passate ieri mattina dall’allerta arancione a quella rossa, evacuati vari quartieri, mentre la gente mette sacchi di sabbia alle porte e corre ai piani di sopra. Chiuse le scuole nelle province di Forlì-Cesena, Ravenna, Rimini, Bologna ma anche in varie province delle Marche. Continua a piovere anche in collina, e iniziano le prime frane nell’Appennino.

I fiumi sono in piena e alcuni, come il Senio, hanno già oltrepassato il livello rosso. Ondate di piena lungo il Marzeno scendono dagli Appennini.

In questo anno e mezzo è stata tolta ogni vegetazione riparia, intervento criticato dagli esperti fluviali, ma non sono state riparate varie fratture sull’argine faentino del Senio. L’acqua è quindi di nuovo esondata e vari residenti sono sfollati. Sempre a Faenza, concitati lavori per realizzare una enorme diga di cemento in mezzo alla strada, su un sottopasso, per scongiurare le acque del Marzeno che nel 2023 aveva allagato per ben due volte il quartiere (che sorge disgraziatamente sotto al livello del fiume).

Inutile dire l’ansia degli abitanti, molti ritornati da poco nelle loro case, rimesse a nuovo con fatica.

Una terra fragile e a rischio idrogeologico, che però continua ad essere assalita dai cantieri edili e dalle infrastrutture fossili.
«Qui da noi tra Forlì e Cesena, anche a causa dei cantieri per il metanodotto Snam Linea Adriatica, sono stati chiusi i fossi e in un attimo i campi si sono allagati» denuncia un giovane residente.

Dal Nord al Sud le città non riescono ad assorbire l’enorme quantità d’acqua che riemerge dai tombini.

Secondo il Forum H2O Abruzzese «con la crisi climatica in atto la situazione peggiorerà. Non può bastare pulire i tombini, si deve fermare il consumo di suolo, stop a nuove strade e edifici, occorre anzi decementificare. I centri costieri del teramano e del pescarese hanno le colline alle spalle, in larga parte cementificate anch’esse. Eppure è chiaro, se copro di cemento un territorio, più velocemente scende a valle».

Anche Ravenna in Comune denuncia «la cura del cemento», che non si è fermata nemmeno dopo l’alluvione del 2023 in Emilia Romagna. A novembre in questa regione si voterà e la questione “idrica” è molto sentita. «De Pascale, candidato del centro sinistra ha preannunciato modifiche più permissive rispetto al consumo di suolo, – prosegue la nota di Ravenna in Comune- continuando con la politica fossile dei rigassificatori, estrazioni e metanodotti. Mentre Elena Ugolini, candidata della destra, va in direzione di una cementificazione della rete fluviale».

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