In memoria di Dino Frisullo

Vi sono alcuni/e che sin dall’adolescenza vivono come se l’ombra della morte alitasse dietro le loro spalle e ogni giorno, ogni minuto le dovessero essere strappati per essere consegnati a una frenetica operosità, più o meno feconda. V’è chi da questo ansioso senso della finitezza riesce a trarre poche imprese e molta nevrosi, e chi sa tradurlo in impegno – intellettuale, sociale e/o politico – diuturno, rigoroso, talvolta assoluto.

Dino Frisullo apparteneva a questa seconda categoria e la rappresentava in forma estrema. In lui, il senso della finitezza si sposava con una generosità illimitata, talora perfino autodistruttiva, che aveva le sue radici in un’intelligenza così acuta da farsi capacità d’immedesimazione. La sua propensione a guardare il mondo con gli occhi degli altri e delle altre – del palestinese e della curda, del migrante e della profuga – era il frutto, razionale ed emotivo, di una militanza che non aveva espunto la pietas e di un impegno politico che si nutriva di rigore morale, sensibilità e conoscenza.