Durante la votazione per il cessate il fuoco tra Israele e Palestina discussa all’Assemblea delle Nazioni Unite lo scorso 15 novembre, l’India è stata uno dei 145 paesi a votare a favore, condannando l’occupazione di Israele nei territori palestinesi, compresa Gerusalemme est e il Golan siriano. Ma nonostante il governo di Modi invii importanti aiuti umanitari in Palestina, vieta alla popolazione indiana di protestare pubblicamente contro l’offensiva israeliana. Nelle ultime settimane le forze dell’ordine indiane hanno bloccato molte manifestazioni pro-Palestina che si sono svolte nelle maggiori città del paese, tra cui Delhi, Bangalore e Calcutta.

La polizia della capitale ha inoltre emesso un ordine ufficiale che vieta agli imam, capi della comunità islamica (o umma),
di menzionare la questione palestinese durante la preghiera del venerdì e le altre funzioni religiose.

Allo stesso tempo, ogni giorno sui social media indiani appaiono migliaia di post islamofobici che presentano Israele come una vittima di Hamas e i palestinesi come terroristi jihadisti. La campagna mediatica, guidata dalla cellula IT del partito al potere, il Bharatiya Janata Party (BJP), tende a spostare la problematica sul piano religioso, presentando la causa palestinese come islamista e incoraggiando gli indù a sostenere Israele.

In ambito universitario, alcuni docenti dell’Indian Institute of Technology di Bombay (IIT) sono impegnati sin dall’inizio della guerra nell’informazione agli studenti con lezioni e conferenze sul conflitto israeliano-palestinese e sulla formazione del gruppo di Hamas. Un esempio significativo del clima vigente è il caso di Sudhanva Deshpande, attore e regista attivo presso l’Istituto, che è stato quasi espulso e denunciato come simpatizzante dei «terroristi» da un gruppo di estrema destra, il Rashtriya Swayamsevak Sangh (RSS), dopo aver proiettato un documentario storico sui fatti del 1948.

Questo episodio solleva, tra le molte altre, la questione della libertà accademica, sempre più a rischio nel paese dall’ascesa del BJP nel 2014. Nonostante i docenti universitari siano impegnati a promuovere una visione equilibrata e un approccio critico alla guerra e alle sue molteplici sfaccettature, sono accusati di incoraggiare il terrorismo dai principali gruppi e leader di destra.

Nonostante la repressione del movimento pro-Palestina da parte del governo indiano, a livello locale la minoranza
musulmana manifesta in ogni modo il suo supporto alla causa e alla popolazione palestinese. Nelle scorse settimane,
alcuni negozianti musulmani hanno lanciato una campagna di boicottaggio di prodotti israeliani. L’iniziativa, prima
limitata a qualche villaggio, si è espansa rapidamente coinvolgendo sempre più città, trasformandosi in un vero e
proprio movimento di protesta.