Imprese e sindacati in rivolta. La Cgil: 100 mila posti a rischio
Supermalus Dagli edili agli architetti dagli ingegneri coro di no allo stop fulmineo del governo al Superbonus. Fillea: pronti allo sciopero
Supermalus Dagli edili agli architetti dagli ingegneri coro di no allo stop fulmineo del governo al Superbonus. Fillea: pronti allo sciopero
Dai costruttori ai sindacati, dagli architetti agli ingegneri fino alle Regioni nel panico. Le reazioni furiose contro il blocco della cessione dei crediti, la limitazione dello sconto in fattura e il divieto agli enti locali sul Superbonus e sui bonus edilizi sono i segnali del fatto che il governo Meloni è andato a sbattere contro un muro che si è costruito da solo.
ALL’INDOMANI dell’annuncio iconoclasta, e politicamente poco avvertito, di fare piazza pulita del bonus più caro della storia è arrivato l’annuncio della Fillea, il sindacato delle costruzioni della Cgil. «Siamo pronti allo sciopero. Con queste operazioni – ha sostenuto il segretario Alessandro Genovesi(vedi approfondimento nella pagina accanto) – si perderanno nell’edilizia privata circa centomila posti di lavoro e molte imprese chiuderanno. Questo è un attacco del governo senza precedenti alle imprese più serie, ai lavoratori del settore e alle famiglie più in difficoltà».
OLTRE AL DECRETO licenziato dal Consiglio dei ministri c’è un altro problema: l’annuncio del governo sulla riforma del codice degli appalti favorirà la liberalizzazione dei livelli di subappalto. “Si ridurranno tutele e sicurezza per chi ancora potrà lavorare con il settore pubblico, con più lavoro irregolare e meno sicurezza” ha osservato Genovesi. Maurizio Landini, segretario della Cgil, si è soffermato su un altro errore tattico compiuto da Meloni & Co.: prendere decisioni senza consultare le parti sociali.
«È un metodo sbagliato che non va bene e porterà dei danni – ha detto – Si possono fare delle correzioni: un conto è favorire chi ha più case, un conto altre situazioni. Oggi, invece, si discute solo su dove si mettono i soldi».
LE CONSIDERAZIONI dei costruttori dell’Ance sono devastanti per chi, come Meloni, ha a cuore i destini delle imprese. “Più assumi, meno paghi” è stato uno slogan in campagna elettorale. Di “scelte scellerate” del governo ha parlato Paolo Ghiotti, presidente di Ance Veneto. Solo nel Veneto, sono a rischio circa 6,3 miliardi investiti, 5mila imprese con circa 500 milioni bloccati nei cassetti fiscali. Per il vicedirettore generale Ance Romain Bocognani, audito ieri dalla Commissione Attività produttive della Camera solo il 13% dei fondi stanziati per fare fronte ai maggiori costi sostenuti dai cantieri in corso nel secondo semestre 2021 è stato corrisposto alle imprese.
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Sconto di 4 mesi alle donne: ecco la «riforma» di DurigonAncora peggiore è la situazione relativa ai fondi relativa al periodo gennaio-luglio 2022 con pagamenti limitati al 2 per cento. Inutile parlare dei fondi relativi al periodo agosto-dicembre 2022 per i quali è stata appena aperta l’istruttoria. Il ministero delle Infrastrutture potrebbe anticipare alle stazioni appaltanti una parte dei fondi per il caro materiali richiesti nel 2022 e non ancora erogati. Per Bocognani si potrebbe anche accedere ai fondi per il caro materiali per il 2023 anche per chi ha avuto accesso ai fondi destinati alle opere in corso nel 2022, «superando il sorprendente divieto contenuto nella Legge di Bilancio 2023».
IL PROBLEMA, SOSTENGONO l’Ance e l’associazione bancaria italiana (Abi), è che «i tempi del riavvio di tali compravendite non sono compatibili con la crisi di liquidità delle tante imprese che non riescono a cedere i crediti fiscali maturati». «Rischia di scoppiare una bomba sociale – ha commentato la presidente dell’Ance Federica Brancaccio – Se le Regioni erano arrivate a decidere di risolvere il problema è perché non si stava risolvendo a livello di governo. Noi chiediamo l’apertura del ministro Giorgetti, che ha detto in conferenza stampa ci incontrerà immediatamente, già lunedì. Il decreto, più veloce della storia è l’ennesimo cambio in corsa delle regole che non ci aspettavamo».
TRA LE NORME CONTESTATE al governo c’è anche quella che vieta alle Regioni e agli altri enti locali di acquistare i crediti. Prendiamo la provincia di Treviso che ha acquistato 14,5 milioni di euro di crediti. dalla Bcc di Cherasco (Cuneo) e dalla Banca Popolare di Sant’Angelo, di Licata (Palermo) con un risparmio da un milione di euro. Ora valuterà il decreto e soprattutto cosa resterà dello slancio del governo nella sua conversione in legge dopo il blocco. Liguria, Sardegna, Sicilia e Puglia stavano pensando a una legge.
Dalla Toscana l’assessore regionale all’Economia, Leonardo Marras ha descritto un altro segnale della confusione delle destre: «Invece di ritirare in tutta fretta mozioni ed interrogazioni che ci chiedevano di attivarsi per l’acquisto dei crediti, cosa che stavamo appunto facendo, i consiglieri delle destre ci aiutino ora a far cambiare idea al loro governo».
UNA VOLTA FATTO ESPLODERE il «bubbone», così è stato definito l’altro ieri dal governo, anche la ricostruzione post-terremoto dell’Aquila sarà più complicata. Per Pierluigi D’Amici, presidente dell’ordine locale degli ingegneri, «il decreto mette a rischio la sicurezza sismica. Non abbiamo più certezze. Ci sono numerosi abbattimenti di edifici danneggiati, programmati grazie agli incentivi. Ora questi interventi rischiano il blocco e per i cittadini sarà difficile tornare indietro in case dove spesso sono stati tolti anche i sanitari».
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