Lungo la costa di Crotone c’è un luogo conosciuto da tutti come «passeggiata degli innamorati». Il nome era stato assegnato, a inizio anni Duemila, dall’allora sindaco Pasquale Senatore per rassicurare i cittadini sulla possibilità di frequentare quel pezzo avvelenato di città. La scelta non poteva essere più macabra: la passeggiata altro non è che una discarica fronte mare, oggi parte dell’unico Sin-Sito di interesse nazionale della Calabria. Qui ci sono oltre 500mila tonnellate di rifiuti pericolosi che da più di un ventennio aspettano di essere bonificate, con danni mai del tutto calcolati alla salute dei crotonesi. Un piano per lo smaltimento esiste dal 2019: i rifiuti andrebbero portati fuori regione. Quest’unica certezza, però, verrà rimessa in discussione il 3 maggio, quando si terrà l’ennesima conferenza dei servizi.

PER BUONA PARTE dello scorso secolo la città di Crotone è stata un importantissimo polo industriale del Sud. In particolare, tra gli anni Venti e gli anni Novanta, nel capoluogo calabrese operavano tre grosse industrie, oggi dismesse: l’ex Pertusola, attiva nella produzione di zinco; l’ex Fosfotec, che produceva acido fosforico; l’ex Agricoltura, per la produzione di fertilizzanti. Le aree in cui si trovavano i tre stabilimenti, oggi gestite da Eni-Rewind, si trovano poco più a nord del centro abitato e ricadono tutte nel Sin. Per descriverle, la parola «avvelenate» sembra non bastare. Di fronte al mare, nelle discariche dell’ex Pertusola e dell’ex Fosfotec, ci sono infatti tonnellate di rifiuti che contengono metalli pesanti (piombo, zinco, cadmio e arsenico), amianto e Tenorm, un materiale radioattivo altamente pericoloso. Anche le fondamenta della città sono impregnate di rifiuti.

NEGLI ANNI NOVANTA, partendo dai residui di lavorazione dell’ex Pertusola, è stata ottenuta una miscela, il Cic, usata nel crotonese per costruire strade, palazzi, piazzali e perfino una scuola, chiusa nel 2008. «Si è utilizzato con leggerezza un materiale i cui rischi sono potenzialmente altissimi» spiega Filippo Sestito, presidente dell’Arci-Crotone, in prima linea nella battaglia per la bonifica delle aree inquinate. «La Pertusola svendeva, e alle volte regalava, i suoi scarti di lavorazione perché così non doveva smaltirli: c’erano aziende che vincevano continuamente gli appalti grazie al costo, bassissimo, di quel materiale che è ancora negli edifici di Crotone», continua Sestito.

L’INCHIESTA Black Mountains (partita nel 1999 e chiamata così per riprendere l’immagine delle montagne nere di scorie prodotte dalla Pertusola) non ha individuato colpevoli: i 45 imputati, dopo 13 anni, sono stati tutti prosciolti dall’accusa di disastro ambientale. A Crotone un disastro però esiste e, come certificato dal ministero dell’Ambiente, misura oltre duemila ettari. Il perimetro del Sin infatti, ridefinito nel 2017 proprio per includere i diversi siti contaminati dal Cic, oltre alla superficie industriale degli ex stabilimenti e delle relative discariche, comprende anche una vasta area marina in cui è inclusa la zona del porto. Il ministero dell’Ambiente ha stanziato per la bonifica del sito oltre 87 milioni. Eni-Rewind afferma di averne spesi finora più di 200, a cui devono sommarsi i 72 milioni di risarcimento per il danno ambientale imposto alla società dal Tribunale di Milano. Nonostante questo, però, i rifiuti pericolosi si trovano ancora al loro posto e non smettono di intossicare città sempre più ammalata.

NON È STATO mai accertato con precisione quante persone abbiano subito gravi danni alla salute a causa dell’esposizione ai metalli pesanti e al Tenorm. Qualche sforzo però c’è stato: «Mi sono interessato alla questione per la prima volta durante la specializzazione, quando da Crotone arrivavano in cura al Gemelli di Roma molti bambini ammalati di tumore dell’encefalo» racconta il dottor Pasquale Montilla, oncologo e consulente scientifico dell’Osservatorio nazionale amianto (Ona). Montilla da decenni è impegnato nella cura di pazienti a lungo esposti a sostanze tossiche e si batte affinché si facciano studi accurati per indagare il rapporto causa-effetto tra contaminazione ambientale e tumori.

IL CASO più recente seguito dall’oncologo è quello dell’ingegnere Francesco Fabiano, deceduto nei primi giorni del 2024. Catanzarese di nascita, aveva vissuto per anni a Crotone. Nel 2016 gli viene diagnosticato un mieloma multiplo, nel 2022 una forma di sarcoma. Lo studio legale dell’Ona a cui si era rivolto ne è certo: c’è un nesso «diretto ed esclusivo» tra la malattia e l’esposizione ad «agenti chimici tossici cancerogeni prodotti dalla ex Pertusola di Crotone». Quello di Fabiano non è un caso isolato. «L’incidenza di patologie oncologiche a Crotone è devastante», aggiunge il dottor Montilla. Secondo l’ultimo rapporto Sentieri, che studia l’impatto dell’inquinamento sulla salute di chi vive in aree altamente contaminate, nel sito calabrese il tasso di mortalità prematura per malattie croniche è superiore, rispetto alla media regionale, del 10,8% nelle donne e del 6,7% negli uomini. L’esposizione prolungata ai rifiuti, sostiene l’oncologo, è la principale causa dello sviluppo di tumori e disturbi neurodegenerativi nei crotonesi, vittime del ritardo nella bonifica del sito.

UN RITARDO che ha reso ancora più rilevante la nomina governativa del nuovo commissario straordinario per la bonifica, il generale in pensione della Guardia di finanza Emilio Errigo, scelto lo scorso settembre dopo 5 anni di vacanza dell’ufficio. Il suo non è compito facile. Nel corso degli anni si sono aperti infatti moltissimi tavoli, a cui Eni-Rewind ha partecipato insieme al ministero dell’Ambiento e alle istituzioni locali (regione Calabria, provincia e comune di Crotone) senza arrivare a risultati concreti. Uno di questi, la conferenza dei servizi del 2019, ha prodotto l’approvazione di un piano vincolante con forza di legge per bonificare l’ex area industriale. Si tratta del Paur (Provvedimento autorizzativo unico regionale), che stabilisce per Eni-Rewind l’obbligo di portare i rifiuti fuori dalla Calabria.

LA SOCIETÀ allora aveva sottoscritto il provvedimento ma oggi sostiene che questo vincolo renda difficile, se non impossibile, l’attuazione del piano di bonifica. Eni-Rewind lamenta infatti «la carenza di discariche disponibili a ricevere i rifiuti». Per questa ragione il prossimo 3 maggio è stata convocata a Roma, dal ministero dell’Ambiente, un’ennesima conferenza dei servizi, in cui al centro del dibattito ci sarà la proposta di Eni di smaltire buona parte dei rifiuti proprio a Crotone, nella discarica di Columbra. I Crotonesi tuttavia pretendono dal commissario Errigo garanzie sul rispetto del Paur. «Com’è possibile che un generale venga qui non con l’idea di far rispettare la legge ma di metterla in discussione? – si chiede il presidente dell’Arci-Crotone -. Faremo pressione affinché le tre istituzioni di prossimità si oppongano alle richieste di Eni».