Il «meccanismo di correzione di mercato» approvato martedì dai ministri dell’Energia dei 27 con un voto a maggioranza, riuscirà a centrare i due obiettivi che si propone, far calare il prezzo del gas e garantire l’offerta, evitando rischi di penuria?

Il prezzo del tetto è stato stabilito a 180 euro il Mwh, cioè più basso di quanto aveva proposto la Commissione (275), che era contraria all’idea di un cap, per timore del rischio che i fornitori di Gnl, gas liquido che arriva sulle navi cisterna, vendano altrove. Il prezzo resta alto, quattro volte quello di prima della guerra e l’effetto sulle bollette resta pesante, mentre oggi il Mwh è intorno ai 155 euro. Per convincere i reticenti, Germania in testa, sono state poste molte garanzie, che scatteranno se i consumi aumentano, se un paese è in serie difficoltà e se le importazioni diminuiscono, per evitare di restare senza gas e dover fermare la produzione.

IL PRESIDENTE ZELENSKY e alcuni paesi dell’est, come la Polonia, avevano chiesto un tetto molto più basso per mettere in ginocchio la Russia. I reticenti hanno fatto valere il troppo alto rischio di intervenire sui mercati, che potrebbe creare caos senza centrare l’obiettivo. L’Olanda (con l’Austria) si è astenuta e il ministro dell’Energia, Rob Jetten si interroga sull’efficacia del cap per raggiungere i due obiettivi di controllo dei prezzi e garanzie di fornitura: «Non sono del tutto convinto che questo meccanismo correttivo sia positivo sui due fronti». L’Olanda è uno dei paesi europei, con la Germania, più dipendenti dalle importazioni di gas. Il Belgio è invece favorevole al cap e il ministro dell’Energia, Tinne van der Straeten insiste che la decisione «è sul nostro futuro energetico, sulla sicurezza energetica, è su come avere prezzi abbordabili ed evitare la deindustrializzazione».

Il think tank Bruegel allerta: «Non risolverà i problemi per magia». Per la compagnia tedesca Zukunft Gas si tratta di «un’illusione politica», il Ceo Timm Kehler sottolinea che «in un’economia di mercato i prezzi sono determinati da offerta e domanda, non da decreti politici».

NELLA UE GLI STOCK devono ormai essere riempiti al 90%. In estate è stata questa domanda a far impazzire i prezzi, oltre i 300 euro. Adesso le riserve sono ancora dell’84%, malgrado l’inverno ormai iniziato. I problemi verranno la prossima estate, quando per raggiungere il 90% di scorte non ci sarà più il gas russo. Secondo l’Aie (Agenzia internazionale dell’energia), nella Ue potrebbero venire a mancare fino a 30 miliardi di metri cubi di gas.

Gli Usa sono ormai il principale fornitore di Gnl, il cui peso nel mix energetico della Ue è passato dal 22% del 2021 al 40% attuale. La Ue, per sostituire i russi, cerca altrove e il Qatar, che con Usa e Australia è tra i principali produttori al mondo, assume un ruolo centrale. Emmanuel Macron, Olaf Scholz e il presidente del Consiglio Ue, Charles Michel ultimamente si sono precipitati a Doha per corteggiare gli emiri. Sono stati firmati contratti, la Germania ha concluso un accordo su 15 anni con QatarEnergy e ConocoPhillips (l’Italia, con altri, privilegia gli accordi a breve). Complessivamente, il Qatar fornisce alla Ue meno del 5% del fabbisogno in energie fossili e il 16% del Gnl, in calo in percentuale rispetto al 2021, che era del 21%, mentre gli Usa in un anno sono passati dal 29% al 43%.

IL QATAR NON SOSTITUIRÀ la Russia (che quest’anno è scesa dal 17% del 2021 al 13% e nel 2023 sarà a zero) e non solo a causa delle minacce di ritorsione dopo lo scandalo di corruzione al Parlamento europeo. Pur avendo in programma aperture di giacimenti nel 2026 e 2027 e programmi di collaborazione con i grandi europei (TotalEnergies, Eni), il Qatar ha obblighi contrattuali di lungo periodo molto impegnativi con l’Asia: in particolare Giappone, Corea del Sud e Cina. Con quest’ultima, ha appena firmato un contratto per 27 anni di fornitura di 4 miliardi di tonnellate di gas l’anno.