La centrale nucleare di Montalto di Castro, la più grande d’Italia ma mai entrata in funzione, potrebbe essere abbattuta, almeno in parte. Il Tar del Lazio ieri ha respinto il ricorso della società proprietaria, la Enel Produzione spa, contro un’ordinanza del comune che nel 2021 ne aveva disposto la demolizione per «ripristinare il patrimonio ambientale e paesaggistico». Il provvedimento era arrivato dopo un lungo braccio di ferro tra il Comune e l’Enel. L’amministrazione chiedeva alla compagnia elettrica di demolire le opere residuali non ancora terminate, visto che l’impianto non avrebbe più funzionato, e «di provvedere a sua cura e spese alla riduzione in pristino dei luoghi, mediante la demolizione e agli interventi di ripristino delle opere relative alla ex centrale nucleare del comune di Montalto di Castro non soggette a riconversione».

L’Enel si è opposta alla demolizione e ha proposto una serie di progetti di recupero dell’impianto, intitolato ad Alessandro Volta. L’ultimo, presentato ad aprile del 2022, prevede la nascita di un museo della transizione energetica, che dovrebbe occupare circa 20 mila metri quadrati della struttura, con installazioni artistiche sul tema dell’energia, esposizioni divulgative sulla transizione energetica e una sala per eventi collegata a una terrazza panoramica.

Dinanzi al Tar l’amministrazione di Montalto di Castro ha invece argomentato «come il relitto sia privo di ogni utilità industriale e civile ed abbia perso – in conseguenza del referendum per l’abrogazione delle norme per le costruzioni di nuove centrali nucleari – rilievo di carattere nazionale». Per il Comune, inoltre, «il manufatto, abbandonato e in stato di degrado, non risponderebbe più al perseguimento di alcun interesse pubblico e/o privato».

I giudici amministrativi hanno dato ragione al Comune. Hanno scritto nell’ordinanza di rigetto del ricorso che «il relitto della centrale ex nucleare Alto Lazio rappresenta al momento la più elevata criticità di carattere paesaggistico e ambientale presente nel comune di Montalto di Castro, priva di ogni utilità industriale e civile e del tutto inadatta a qualsiasi tipo di recupero urbanistico e/o intervento di riqualificazione». Per questo chiedono all’Enel di collaborare con il comune nell’esecuzione dell’ordinanza di abbattimento.

L’Enel però ha annunciato un ricorso al Consiglio di Stato. La compagnia elettrica sostiene che «l’esito del referendum del 1987 ha impedito la prosecuzione delle opere, ma non ha influito sulla legittimità di quanto realizzato» e che «ogni definitiva valutazione sulla loro destinazione di non potrebbe che essere assunta con il necessario coinvolgimento di tutte le amministrazioni pubbliche interessate», chiamando a decidere non solo il comune di Montalto di Castro ma anche il governo Meloni, che in più di un’occasione ha manifestato l’intenzione di riaprire la stagione nucleare in Italia.

La centrale di Montalto di Castro è l’unica che avrebbe potuto competere per dimensioni e capacità produttiva con gli altri impianti europei, ma non produsse mai energia perché quando ci fu il disastro di Chernobyl, nel 1986, ancora non era stata ultimata. Ci furono grandi manifestazioni ambientaliste per impedirne l’apertura e l’Enel, di fronte ai blocchi, mise gli operai a riposo. «Fu il primo segnale della chiusura», ricorda l’ex presidente di Legambiente ed ex deputato del Partito Democratico Ermete Realacci. Dopo il referendum sul nucleare del 1987 la centrale fu abbandonata.