A una settimana delle elezioni politiche, Giorgia Meloni, leader in pectore del centrodestra dato per favorito alle urne, esprime per la prima volta segnali di nervosismo. Accade dopo che per l’ennesima volta qualche decina di giovani e giovanissimi si è presentata ad un suo comizio, questa volta a Caserta domenica scorsa, e ha manifestato il suo dissenso. Meloni invoca l’intervento del Viminale. «In nessuna democrazia evoluta l’unica opposizione al governo è oggetto di sistematici attacchi da parte di ministri, cariche istituzionali e grandi media – sostiene Meloni – E, soprattutto, in nessuna democrazia occidentale il governo consente scientificamente provocazioni che potrebbero facilmente sfociare in disordini, durante la campagna elettorale, nelle manifestazioni politiche dell’opposizione. Questa gente parla di Europa, ma il loro modello è il regime di Ceausescu. Non ci facciamo intimidire da chi odia la libertà e la sovranità popolare». Dal ministero dell’interno trapela in via ufficiosa la reazione: fanno sapere di non considerare una minaccia all’ordine pubblico la contestazione pacifica di ragazzi e ragazze. Se si decide di parlare in una libera piazza, è il succo della risposta, bisogna accettare anche qualche critica pubblica, a patto che tutto si svolta in forme pacifiche.

LE CONTESTAZIONI a Meloni finora sono state pacifiche e colorate: quasi ingenue nella loro spontaneità. Gruppi di giovanissimi, poco più che diciottenni, esprimono il loro dissenso su questioni che per loro sono la vita quotidiana: la parità di genere, i diritti dei migranti e la cittadinanza per le seconde generazioni, la liberalizzazione della cannabis, la difesa del clima. Tutte tematiche che Meloni o rigetta o finge di non vedere. Lo scorso 2 settembre, a Catania, aveva provato a disinnescare ogni contestazione a venire invitando un ragazzo che manifestava per i diritti Lgbtq a salire sul suo palco. La settimana successiva, il 10 settembre, in piazza Santa Maria Maggiore a Trento ha affrontato i fischi di decine di persone rilanciando un classico delle narrazioni salviniane: chi protesta non è altri che un radical chic appena sceso dallo yacht del papà. I ragazzi le hanno risposto senza esitazione dicendo che erano reduci dalla raccolta delle mele nelle montagne del Trentino. Di aperitivi in barca, insomma, neanche l’ombra.

IL RESPONSABILE del programma di FdI Giovanbattista Fazzolari parla addirittura di «strategia della tensione». Al contrario, non esiste una regia unica. Sono mobilitazioni molecolari e improvvisate. Eppure il meccanismo si ripete in forme analoghe in diverse città in cui l’aspirante premier sbarca per la campagna elettorale. «Qualche giorno prima che arrivasse – racconta ad esempio Ferdinando Errichiello, 25 anni, attivista del Laboratorio Millepiani, uno degli spazi sociali cittadini – siamo stati contattati da numerose persone. Tutte giovanissime, molte estranee a qualsiasi esperienza politica. Volevano far sentire la loro voce di dissenso». «Ho chiamato il ministro dell’interno alla fine di un comizio a Matera, dopo che era successo a Trento, a Genova, a Cagliari, a Milano – ha detto Meloni – Il risultato è che a Caserta è successa la stessa cosa. La richiamerò per chiedere se si può fare una campagna elettorale così». A Matera, per la cronaca, è stata accolta da uno striscione che recitava: «Piena applicazione della legge 194: FdI limita l’accesso all’aborto».

I CONTESTATORI di Caserta dicono di essere stati oggetti di minacce da parte di esponenti di Fratelli d’Italia, quelli con qualche anno in più lo dicono anche per rappresentare l’inesperienza di chi con candore è andato con un cartello di protesta in mezzo ai postfascisti. Raccontano che Meloni ha avuto qualche momento di difficoltà perché in una piazza non pienissima, presenti qualche centinaio di persone alle quali avevano contribuito un paio di pullman venuti da Napoli, si è ritrovata quasi cento contestatori. «Eravamo la punta dell’iceberg – dicono – In una provincia in cui i percettori di reddito di cittadinanza sono 40 mila dovevano aspettarsi qualche forma di protesta».

IL NERVOSISMO di Meloni è la spia di una vittoria elettorale annunciata che potrebbe avere gambe fragili dal punto di vista dell’egemonia e del radicamento sociale. Gli osservatori sostengono che FdI abbia ereditato il vecchio bacino di consenso del centrodestra ma non che non sfondi nell’elettorato giovanile: negli ultimi rilevamenti si piazzava soltanto al quarto posto, appena prima di Lega e Forza Italia, tra gli elettori e le elettrici che hanno tra i 18 ai 24 anni. Sono persone le cui forme di vita, aperte alle differenze e in cerca di libertà e diritti adeguati alle nuove sfide, non coincidono con le narrazioni delle destre. Rappresentano il tallone d’Achille dello schieramento che si prepara a governare.