Il sorpasso
È da ieri che non riesco più a vedermi allo specchio.
Dopo anni di menzogne mi sono dovuto togliere il prosciutto
scaduto dagli occhi da quando una mia amica mi ha detto queste
tre semplici parole «ma sei ingrassato?». Io ho risposto no, lei mi
ha detto di sì e quindi adesso sto facendo una cosa che nessun uomo sulla faccia della terra dovrebbe mai fare: andare a correre.
Trovo le mie scarpe da ginnastica impolverate tra bollette mai pagate e avvisi mai ritirati e le indosso.
Mi sento già più magro.
Esco di casa, faccio un respiro profondo inalando aria pura di traffico cittadino e inizio con un riscaldamento veloce fatto di
cappuccino e cornetto al bar.
Poi parto.
Inizio con una leggerissima corsetta e mi accorgo che il quartiere dove vivo non è poi così male: ci sono belle villette, giardini curati e negozi interessanti.
Arrivo ad un incrocio, mi fermo e vedo un ragazzo che anche lui, come me, è intimorito dalla prova costume. A differenza mia però
ha una divisa da runner e delle scarpe non impolverate. Si mette fianco a me e corriamo entrambi sul posto per non perdere il ritmo.
Finiamo per guardarci e lui mi fissa con uno strano sguardo di sfida. Guarda il semaforo e poi fissa me, semaforo e me finché scatta il verde e parte a razzo lasciandomi fermo sul posto. Lo vedo già arrivare all’incrocio successivo e mi convinco che l’importante
è partecipare.
Procedo con il mio ritmo rallentato e vengo superato da un’altra ragazza, sempre in tenuta da runner. Si gira e mi guarda
soddisfatta dalle sue prestazioni e mi accorgo che è la ragazza del bar che mi ha appena servito il riscaldamento.
Alla fine mi sorpassano un po’ tutti: il parrucchiere con le forbici in mano, il bangla che prova a vendermi due birre fresche (…e ci riesce), un netturbino con un bustone nero e mia nonna che mi dice «levati dai piedi!» con uno dei suoi sguardi più dolci.
Mi accorgo di essere finito nel gruppo sbagliato quando incrocio anche la mia dottoressa di famiglia che appena mi vede correre, si avvicina per dirmi di non esagerare e di rimanere in coda. Seguo
il suo consiglio quindi mi rinvigorisco con una delle due birre ghiacciate e aumento il ritmo.
Sorpasso un po’ di gente: il commesso del supermercato che mi guarda sempre storto, il portiere del mio condominio che non sta
mai nel gabbiotto per prendere i pacchi e la signora vicina di casa che appena mi vede cerca di raggiungermi per lamentarsi di
qualcosa. Mi chiede di aspettarla, ma io le faccio cenno che non riesco a sentirla e guardo di nuovo davanti a me.
Vado spedito finché non mi ritrovo a seguire la scia dei miei colleghi di lavoro. Con loro ci sono anche le compagne e alcuni figli.
– Ti ho detto che devi stare al passo! –
Grida uno di loro al figlio che segue la scia con difficoltà.
– Ma papà io sono stanco… –
– Se non arriviamo al traguardo per colpa tua… –
Non vorrei essere nei panni del loro figlioletto. Lo vedo arrancare pesantemente e avvicinarsi a me per appoggiarsi. Io rallento e cerco di tenergli la schiena con le mani per farlo riposare un secondo, ma appena sente le mie mani si lascia cadere e io mi devo fermare per tenerlo alzato.
– Bravo così! –
Dice il mio collega fiero della sua strategia malefica.
– Sono stato bravo vero? –
Chiede il figlio che si rialza subito e comincia a correre come un dannato.
– Sei stato grande! –
E si battono il cinque. – Adesso corriamo che
è rimasto solo un posto libero per quella promozione. –
Assisto all’amore padre-figlio seduto sull’asfalto bollente e mi superano tutti, ma veramente tutti: c’è un signore con il giornale
davanti al naso, il parcheggiatore abusivo e i vecchietti del bar sotto casa che corrono con il tavolo appresso giocando a scopa.
Mi devo rialzare, non posso mollare così.
L’importante non è quante volte salti…no aspetta, com’era?
Basta! Mi allaccio le scarpe e comincio a correre a testa bassa come se non ci fosse un domani. Sento solo che sto superando
qualcuno, ma non voglio guardarli per non perdere la concentrazione.
E dopo alcuni metri…
Eccolo! Finalmente scorgo l’arrivo alla fine della strada.
Ora ci sono solo io e il traguardo. Parte una musica epica che mi accompagna verso la vittoria finché questa viene interrotta
dall’ampia falcata di Peppe Ciavatta, il barbone del quartiere. Non pensavo avesse quello sprint e mi prende alla sprovvista. Cerco di recuperare un po’ di terreno, ma mentre la sua corsa procede spedita, la mia diventa ad ostacoli.
Il primo che devo saltare è l’età che avanza, il secondo è il confronto con gli altri e il terzo è trovare uno scopo degno per svegliarsi la mattina.
E Peppe?
Peppe non molla: dopo ogni salto mi giro e lo vedo sempre alle mie costole con la coperta tra le braccia.
Mi rimane solo un ultimo ostacolo, quello più difficile. Salto più in alto che posso senza inciampare sull’idea di fallire e…ce la faccio!
Ci sono! Ci sono!
Peppe, come ultima speranza, mi lancia la sua coperta per bloccarmi le gambe, ma non mi prende e alla fine…
Vinco!
Esulto, festeggio, mi scolo la seconda birra, ma poi mi accorgo che il lavoro dei miei sogni è già stato preso, la ragazza che mi piaceva
è già con un altro uomo e la vita che speravo l’ha vinta mia nonna.
Sarà per il prossimo anno…
***
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