Le immagini, i luoghi e le cose come altrettanti dispositivi narrativi. «Frammenti di un mondo perduto eppure emotivamente ancora vigile, ci aiutano a riscoprire le tracce di quel tempo fattosi lontano (tanto più per le giovani generazioni) nel vivo dei luoghi della vita». L’itinerario nel ricordo che compie la storica Antonella Tarpino in «Memoranda» (Einaudi, pp. 194, euro 17) racconta gli antifascisti e i partigiani nel loro quotidiano, colmando, insieme alla distanza temporale, quello spazio pieno di domande, che spesso separa le esperienze dei ventenni di allora, che si giocarono la vita per la libertà di tutti, da quelle dei loro coetanei di oggi.

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I passi di Tarpino riconducono il lettore attraverso quelli che non sono perciò solo «luoghi della memoria», secondo l’iniziale intuizione dello storico francese Pierre Nora, ma autentici frammenti di una biografia collettiva che si compì durante la Resistenza e già prima nell’opposizione al regime mussoliniano, nel segno di scelte che permeavano di sé l’intera esistenza dei protagonisti.

Nelle pagine del libro si susseguono i frammenti di una toponomastica della libertà da conquistare che conducono dalla casa torinese di Piero e Ada Gobetti, con le parole vergate dalla donna a matita per la morte del marito in seguito alle percosse ricevute dai fascisti che lo avevano aggredito più volte, al balcone dove Duccio Galimberti pronunciò il 26 luglio del 1943 il famoso discorso in cui, rispondendo al proclama di Badoglio che annunciava come anche dopo la caduta del Duce l’alleanza con i nazisti sarebbe continuata, affermava invece che per i partigiani la guerra sarebbe continuata «fino alla cacciata dell’ultimo tedesco».

Seguono altre case, come quella di Nuto Revelli, dove sarà ritrovata la pietra-poesia di Primo Levi, o edifici dove si scrissero pagina fondamentali di quella storia, come il Liceo D’Azeglio di Torino, frequentato nella seconda metà degli anni Venti da Norberto Bobbio, Cesare Pavese, Leone Ginzburg, Vittorio Foa, Giulio Einaudi, Massimo Mila, Alberto Levi, Gian Carlo Pajetta. E poi, disegni, foto, quadri che parlano della lotta partigiana come dei vagoni in partenza per Auschwitz.