Il respiro del mare è in affanno e mette a rischio l’ecosistema più prezioso
Mediterraneo bollente Nell’aprile del 2023 la temperatura media della superficie del mare ha raggiunto il nuovo record di 21,1 gradi centigradi
Mediterraneo bollente Nell’aprile del 2023 la temperatura media della superficie del mare ha raggiunto il nuovo record di 21,1 gradi centigradi
Immaginateli come un enorme «termometro» e regolatore del clima globale: sono gli oceani che, grazie alla loro capacità di assorbire e rilasciare calore, contribuiscono da sempre a garantire un clima regolare. Tra i principali motori di questa regolazione climatica, il «nastro trasportatore» che sposta le acque calde dalle regioni tropicali verso le latitudini più elevate, dove si raffreddano, affondano e ritornano verso i tropici in un ciclo continuo.
A CAUSA DELL’ASSORBIMENTO del calore in eccesso per il surriscaldamento globale, però, il meccanismo si sta inceppando e gli oceani registrano un costante aumento della temperatura. Nel periodo 2011/20 l’aumento medio è stato di 0,88°C rispetto al periodo 1850/1900. Nell’aprile 2023 la temperatura media della superficie del mare ha raggiunto il record di 21,1°C e le proiezioni ci indicano che questa tendenza non si fermerà. Ci sono già i primi effetti significativi e, in alcuni casi, irreversibili sugli ecosistemi marini con impatti rilevanti su settori economici come pesca e turismo, oltre che su salute umana e alimentazione.
L’IMPATTO PIÙ RILEVANTE, però, si registra proprio sulla termoregolazione del clima, oltre che sulla produzione di ossigeno (il 50% di quello generato sulla Terra è attribuibile al fitoplancton marino) e sull’assorbimento di anidride carbonica (ogni anno il mare ne assorbe un quarto di quella emessa). Pare quasi di sentire il mare sempre più in affanno sotto il peso degli effetti del cambiamento climatico e Il respiro degli oceani è il titolo che il Wwf ha scelto per il suo ultimo dossier presentato l’8 giugno scorso in occasione della Giornata Mondiale degli Oceani. Il dossier prende in esame il nostro mare, il Mar Mediterraneo, descrivendo sei effetti del cambiamento climatico: tropicalizzazione, aumento delle specie aliene invasive, proliferazione di meduse, perdita delle praterie di Poseidonia oceanica, scomparsa delle gorgonie e mortalità di massa della Pinna nobilis.
LA TROPICALIZZAZIONE STA COLPENDO particolarmente il bacino orientale del Mediterraneo che si sta riscaldando più rapidamente della media globale e che è collegato al Canale di Suez, principale via di ingresso delle oltre 1000 specie marine esotiche introdotte nel Mediterraneo, un vero disastro per l’ecosistema marino con gravi implicazioni per la biodiversità. Cresce poi il numero di meduse tanto che in alcuni siti, come il Golfo di Gabes in Tunisia, i pescatori segnalano che le catture di meduse sono ormai superiori a quelle di pesci delle cui larve e avannotti le meduse si cibano.
LO STRESS TERMICO CAUSATO dall’aumento delle temperature sta influenzando anche la distribuzione delle praterie di Poseidonia oceanica che costituisce l’habitat fondamentale per circa il 20/25% delle specie marine della regione che da questo ambiente dipendono per alimentarsi, riprodursi e trovare rifugio. Sempre i cambiamenti climatici innescano la moria di massa delle gorgonie con effetti dannosi sulla struttura degli habitat marini: la loro scomparsa, infatti, porta a una riduzione della biodiversità subacquea, aprendo la strada alla colonizzazione delle specie invasive. Allo stesso modo la crisi climatica starebbe provocando la moria della Pinna nobilis, il più grande bivalve endemico del nostro mare: nel gennaio 2020, l’Area Marina Protetta di Miramare ha documentato una mortalità del 60/80% delle popolazioni del sito.
EPPURE, LA SALVEZZA CONTRO gli effetti del cambiamento climatico è proprio nella difesa della biodiversità: le specie marine, a tutti i livelli della catena alimentare, contribuiscono allo stoccaggio naturale a lungo termine del «carbonio blu», trasferendolo dalla superficie alle profondità oceaniche e ai sedimenti. Le praterie di Poseidonia sequestrano circa 5,7 milioni di tonnellate di CO2 ogni anno, mentre il fitoplancton sintetizza sostanze organiche e genera ossigeno attraverso la fotosintesi.
SE NON PER TUTELARE LA NATURA e le altre specie che popolano il pianeta, almeno per puro calcolo egoistico una specie che si è autodefinita sapiens dovrebbe impegnarsi al massimo nella protezione degli oceani che, a partire dal Mare nostrum, rappresentano un prezioso scrigno di biodiversità, una straordinaria risorsa, ma anche un’efficace difesa contro la crisi climatica.
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