Il pensiero corporate dietro l’epurazione di John Lasseter
Cinema Dal 31 dicembre il genio creativo sarà costretto a lasciare per sempre lo Studio che ha fondato nel 1986
Cinema Dal 31 dicembre il genio creativo sarà costretto a lasciare per sempre lo Studio che ha fondato nel 1986
«La gente sacrifica la qualità alle cose che vengono facili», dice il cattivo di Incredibles 2. C’è molta ironia nel fatto che la notizia della dipartita di John Lasseter dalla Disney, e quindi anche dallo Studio che aveva fondato nell’ 86 (acquistato dalla major di Topolino 20 anni dopo) sia arrivata quasi in contemporanea con l’uscita del film di Brad Bird, così legato non solo per genealogia ma anche del punto di vista poetico alle origini della Pixar.
Lasseter, in pausa sabbatica dal novembre scorso causa (secondo il comunicato stampa) «passi falsi» che avrebbero «mancato di rispetto o messo a disagio» alcuni dipendenti, sarà -dal 31 dicembre- fuori per sempre.
La Disney – che gli deve oltre a parecchi Oscar, il rilancio completo del suo dormiente Animation Department, lo ha ringraziato «per aver reinventato il business dell’animazione, raccontando storie originali di alta qualità che dureranno per sempre». Almeno così si leggeva negli articoli usciti sulla notizia, tutti scritti nello stesso tono dei necrologi. Il problema è che uno dei massimi geni della Hollywood contemporanea non è morto. È stato bensì mandato al macello – come spesso sta succedendo nella fitta nebbia del #MeToo- da una serie di accuse generiche, anonime, che si riferiscono alla percezione emotiva di comportamenti che non hanno di per sé nulla di criminale.
Abbracciare troppo le persone, bere troppo alle feste, fare commenti sconvenienti sugli attributi femminili. Uno legge la lista delle «imputazioni», collezionate dai media sulla base di voci di corridoio o fonti anonime, e rimane allibito. Non solo perché chiunque abbia conosciuto Lasseter (uomo o donna, come nel caso di chi scrive) è sicuramente stato inghiottito da uno o più dei suoi abbracci. Che sessuali a me non sono mai sembrati. Ma perché tra le righe di questa ennesima epurazione (storica, trattandosi di uomo così potente) si sente la vittoria del pensiero, piccolo, meschino, mediocre e risentito della cultura corporate, la cui intransigenza si sta sempre di più sovrapponendo a quella di #MeToo. E per cui il crimine peggiore non è esagerare col vino o toccare una bella ragazza ma l’ambizione/arroganza di un grandissimo artista. Di quella Lasseter era colpevole sicuramente.
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