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Il paradosso di Napoli: sfrattati per fare posto al turismo di massa

Il paradosso di Napoli: sfrattati per fare posto al turismo di massa

Senza tetto né legge Il comune alimenta i flussi per vivere vacanze «esperienziali» mentre organizza tavoli sul disagio abitativo. Le reti di base in corteo il 7: «Gli affitti brevi vanno limitati e regolati. Servono politiche per la casa subito»

Pubblicato più di un anno faEdizione del 4 giugno 2023

Lo scorso aprile il sindaco Gaetano Manfredi spiegava: «Il turismo a Napoli è sempre più esperienziale. Le bellezze architettoniche, la ricchezza enogastronomica e il calore delle persone rendono questa città attrattiva. Stiamo puntando su eventi importanti per destagionalizzare i flussi». Lo stesso comune ha organizzato per il 7, 8 e 13 giugno un ciclo di incontri («Dialoghi sull’abitare»): il tema è l’emergenza casa, un’emergenza su cui pesa anche la turistificazione. Mercoledì pomeriggio le realtà cittadine a partire dalla Rete Set, la Rete dei Beni comuni, Mi Riconosci, Asia – Usb, L’Associazione dottorandi e dottori di ricerca, il Collettivo autorganizzato universitario, Link, Uds e altri andranno in corteo da piazza Dante a piazza Municipio per rivendicare più diritto all’abitare e meno affitti turistici.

«CHIEDIAMO a comune e regione interventi immediati – spiega Alfonso De Vito, attivista della Campagna per il diritto all’abitare – senza rimandare la palla al governo. Occorre stabilire un numero massimo di posti letto da destinare ai turisti in base alle zone e alla popolazione, regolamentare il fenomeno facendo emergere il sommerso, obbligando all’apertura della Scia e il conseguente pagamento delle tasse come attività commerciale. E poi Politiche attive per la casa: invece di svendere il patrimonio pubblico, come prevedere il Patto per Napoli, impiegarlo per l’edilizia popolare. Tutto quello che abbiamo è una graduatoria Erp aperta e chiusa in due mesi che non offre soluzioni in una città in cui sono annunciati 10mila sfratti esecutivi».

L’OVERTOURISM ha letteralmente travolto il centro storico di Napoli senza che fosse posto alcun paletto. Il fenomeno, cominciato nel 2015, è stato analizzato dall’urbanista Alessandra Esposito in Le case degli altri (Editpress): «Il centro è tutt’altro che disabitato, la densità abitativa è molto alta nei quartieri del ‘ventre’, tra le più alte d’Europa. Ma, soprattutto, i quartieri del centro sono particolarmente ‘giovani’ rispetto a Roma e Milano, abitati da una popolazione di non proprietari di casa: il 68,7% del territorio napoletano è classificato dall’Istat come “aree popolari con famiglie giovani in affitto”». Sono nuclei con alti indici di disagio socioeconomico, dispersione scolastica e disoccupazione: «La peculiarità, rispetto ad altre città, è l’essere arrivata al XXI secolo con una povertà diffusa non solo nell’area metropolitana ma anche nei quartieri più centrali».

LA PRIVATIZZAZIONE della società di gestione dell’aeroporto di Capodichino, l’alta velocità ferroviaria, le grandi navi da crociera hanno generato un flusso crescente di turisti alimentando la domanda di posti letto nei quartieri popolari, proprio a ridosso degli accessi alla città. Negli anni del sindaco de Magistris alla narrazione della «città ribelle» si affianca quella proposta dal Piano strategico del turismo: «L’obiettivo è trasformarla in una destinazione turistica, adottando un’ottica di mercato. L’identità va salvaguardata e allo stesso tempo va sfruttata per la costruzione del prodotto-destinazione Napoli». Nel 2018, ricorda Esposito, il Piano del Mibact Cultura e Turismo indica la strada: «Il rilancio della competitività e la crescita economica e occupazionale del Sud a partire da “fattori identitari” che ne incrementino l’offerta turistico-culturale». Emblematici i piani per il Rione Sanità: «Non sarà ricucito al resto del tessuto urbano né reso più facilmente attraversabile, ma semplicemente collegato in modo più immediato all’aeroporto».

A LIVELLO CENTRALE E LOCALE la spinta è fortissima a riconvertire le città verso la monocultura del turismo, indirizzando fondi pubblici e progetti. Le piattaforme digitali fanno il resto. «La crescita di locazioni turistiche online è vertiginosa: gli annunci aumentano del 551% tra il 2015 e l’inizio del 2020 – si legge nel libro -. Nel 2015 su Airbnb venivano offerti meno di duemila alloggi in locazione nel centro di Napoli, dei quali circa il 50% come interi appartamenti. All’epoca il 69% dell’offerta era gestito da host in possesso di un solo annuncio. Nel 2019 l’offerta sfiora i 9 mila alloggi in occasione delle vacanze di Natale, più della metà risultano interi appartamenti nel centro storico. Le aree più interessate sono quelle che ricadono all’interno del perimetro Unesco». Lo scorso marzo solo su Airbnb c’erano 8.088 annunci, 5.268 di interi appartamenti, la maggior parte nelle zone del centro a maggior disagio socioeconomico e incidenza di affittuari.

LAVORO SOTTOPAGATO e spesso a nero, abitanti espulsi dai quartieri, pressione sui servizi pubblici i cui costi ricadono sui residenti, liberalizzazione della rendita: è l’altra faccia del turismo che le amministrazioni cancellano dalla narrazione della vocazione turistica. «Quello delle vocazioni – conclude Esposito – è un espediente retorico che spesso finisce con il naturalizzare le monocolture, cioè lo sfruttamento delle risorse a un unico fine, che può essere la coltivazione di un prodotto o la riconversione dei luoghi in luna park turistici».

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