Il pacifista Dvarashyn Vitali rischia 7 anni di carcere
Ora si trova rinchiuso in isolamento in una cella di un campo profughi a 100 chilometri da Vilnius, in Lituania. Sbarre alla finestra, cibo servito senza posate, disattivato il pulsante di chiamata per urgenze. Rischia l’espulsione in Bielorussia dove lo attenderebbe una condanna a 7 anni di carcere. Si chiama Dvarashyn Vitali, obiettore di coscienza politico bielorusso, classe 1969.
Pochi giorni dopo l’inizio della guerra in Ucraina ha abbandonato la Bielorussia e da Vitebsk, la sua città, si è recato a Mažeikiai, in Lituania, dove con un permesso di soggiono ha lavorato come autista privato. Vitali temeva di essere mobilitato con la forza nell’esercito bielorusso e inviato a combattere in Ucraina, e rischiava la propria libertà ed incolumità, essendo un noto attivista dell’opposizione al regime di Lukashenko.
La sua è una storia emblematica. Diplomato presso la Scuola militare di aviazione e tecnica di Vasylkiv, nel 1990 entra nell’esercito e intraprende la carriera militare. Negli anni, conoscendo la realtà dall’interno, matura una coscienza critica e si dimette volontariamente lasciando l’esercito nel 1998. Da allora ha condotto una vita civile tranquilla evitando qualsiasi coinvolgimento con il suo mondo precedente. Inizia anche ad impegnarsi politicamente.
Nel 2020 partecipa alle proteste bielorusse contro le elezioni presidenziali truccate vinte da Lukashenko. Si espone nei dibattiti sui social media come oppositore al regime, partecipa anche ad azioni nonviolente per bloccare il passaggio dei furgoni della polizia che arrestavano i manifestanti pacifici e disarmati.
Pochi giorni dopo il suo espatrio in Lituania, agenti di polizia si sono presentati al suo indirizzo di Vitebsk con un mandato di perquisizione e di arresto. Come spiegato alla madre ciò era dovuto a un procedimento penale avviato contro Vitali per aver definito su Facebook “assassine” le forze dell’ordine bielorusse. Il 26 aprile 2023 la Lituania revoca il suo permesso di soggiorno, lo definisce “persona indesiderabile” su tutto il territorio europeo a causa dei suoi precedenti nell’esercito bielorusso.
Quando l’organizzazione pacifista bielorussa Our House ha lanciato la campagna “No significa No” per sostenere il diritto al rifiuto di imbracciare le armi, Vitali si è impegnato attivamente. Ha partecipato a diverse azioni di protesta davanti all’ambasciata bielorussa in Lituania, sostenendo la causa degli obiettori di coscienza contro la guerra.
Vitali ha presentato ricorso contro il provvedimento di espulsione: l’esito lo si avrà il 27 giugno. Nel frattempo il 15 giugno ha presentato i documenti per richiedere lo status di rifugiato politico in Lituania, tuttavia dal 20 giugno è rinchiuso nel campo profughi, con la minaccia di estradizione in Bielorussia. La sua dichiarazione di essere un obiettore di coscienza e le foto pubbliche mentre partecipa a manifestazioni pacifiste, in patria sono già una condanna.
Il suo caso è all’attenzione dell’Ufficio Europeo per l’Obiezione di coscienza e di Amnesty International. Dall’Italia il Movimento Nonviolento, con la Campagna di Obiezione alla guerra, ha già inviato fondi per la sua difesa legale, e le organizzazioni internazionali pacifiste hanno chiesto il permesso di poter ispezionare le condizioni di vita nel campo e di visitare Vitali.
È possibile inviare una lettera di sostegno al Dipartimento per le migrazioni lituano all’indirizzo info@migracija.gov.lt con CC al Centro internazionale per le iniziative civili “Our House” all’indirizzo info@nash-dom.info. Sul sito azionenonviolenta.it tutte le info utili.
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