L’isola è tra i luoghi sacri della letteratura fantastica. Lo è nel senso più stretto e pertinente: un piccolo universo conchiuso nel quale misurarsi con le prerogative della divinità, uno spazio protetto per potersi esercitare nel gioco della creazione. Un laboratorio del tutto speciale, attrezzato per produrre o manipolare le aspirazioni più profonde dell’essere umano: eternità, felicità, libertà. Senza essere ostacolati dalle regole e dalle interferenze della vita sociale e delle sue istituzioni. Quelle che, invece, nella prosaica isola di Robinson, il laborioso eden dell’homo oeconomicus, andavano mettendo in scena la legittimazione (anch’essa fantastica nella sua interessata irrealtà) della propria...