Il movimento per la casa: «C’è un piano che il Campidoglio si rifiuta di applicare»
La denuncia Già stanziati i fondi per l'emergenza abitativa, ma il Comune di Roma finora ha sempre fatto muro. La Caritas e le altre associazioni chiedono un tavolo per gestire le situazioni più gravi. Domani alle 16, da piazza dell'Esquilino, una manifestazione per protestare contro gli sgomberi delle ultime settimane
La denuncia Già stanziati i fondi per l'emergenza abitativa, ma il Comune di Roma finora ha sempre fatto muro. La Caritas e le altre associazioni chiedono un tavolo per gestire le situazioni più gravi. Domani alle 16, da piazza dell'Esquilino, una manifestazione per protestare contro gli sgomberi delle ultime settimane
Lo sgombero di piazza Indipendenza a Roma «è ancora più odioso perché i nuclei familiari presenti nell’immobile di via Curtatone erano inseriti, insieme a quelli sgomberati da Cinecittà il 10 agosto scorso, in una delibera regionale per l’emergenza abitativa che il Campidoglio ancora oggi rifiuta di attuare, nonostante i fondi messi a disposizione dalla Regione Lazio». È la denuncia del movimento per il diritto all’abitare che richiama una legge ottenuta dopo anni di lotte per la casa nella Capitale. «Siamo ancora in tempo per convocare le istituzioni competenti e le forze sociali coinvolte, per costruire un percorso comune e serio, prima che la città divenga un’immensa tendopoli – hanno aggiunto gli attivisti – prima che la città sia caricata di nuove pesanti e insensate tensioni, e si trasformi nel campo di un vero e proprio genocidio sociale dei poveri e dei migranti».
La richiesta di un tavolo e di un piano per gestire l’emergenza abitativa, e la situazione dei rifugiati, è stata avanzata anche dalla Caritas in una giornata feroce dove il prefetto di Roma, Paola Basilone, ha attaccato i movimenti per la casa che avrebbero «indotto» gli occupanti accampati a piazza Indipendenza a rifiutare sistemazioni alternative (Rieti ad esempio) in attesa della manifestazione che si terrà domani 26 agosto da piazza Esquilino alle 16 per protestare contro gli sgomberi delle ultime settimane.
È ormai noto che il rifiuto dei rifugiati sia stato deciso perché tali soluzioni non garantivano posti sufficienti per tutti, avrebbero portato alla divisione dei nuclei familiari e, soprattutto, perché erano una soluzione temporanea. «In un clima di tensione innalzato alle stelle dai gravi fatti di Barcellona, prefettura e Campidoglio sotto l’egida del ministero dell’Interno, scelgono di gettare altra benzina sul fuoco – ha aggiunto il movimento – Si vuole mostrare all’opinione pubblica il pugno duro del governo. Peccato che lo si faccia contro il nemico sbagliato: poveri, migranti e rifugiati».
La delibera regionale rivendicata dai movimenti per la casa ha una lunga e travagliata storia. Quando al Campidoglio c’era il Commissario Tronca ci furono polemiche sulla quota percentuale da destinare alle famiglie in occupazione per necessità e sull’obbligo della residenza negli immobili entro il 31 dicembre 2013. Tronca rifiutò la proposta di valutare l’autocertificazione o la frequenza scolastica dei bambini per stabilire la residenza. L’ex commissario stabilì anche una lista di 16 immobili da sgomberare.
Questo aspetto si inserisce in un’emergenza-casa che a Roma è sistemica e colpisce tanto gli italiani quanto gli stranieri. Secondo l’Unione Inquilini negli ultimi tre anni sono state presentate tremila domande per una casa popolare e ne sono state assegnate solo 700. A giugno 2017 erano 10.516 le famiglie iscritte alle graduatoria Erp. Le assegnazioni di alloggi popolari sono state 774 (280 nel 2015 e 494 nel 2016) ai quali bisogna aggiungere 278 appartamenti assegnati attraverso un bando del 2000 e 496 del bando 2012 assegnati nel biennio 2015-2017. Gli sfratti per morosità sono uno stillicidio continuo: dodici ogni giorno in una città che ha il record di interventi della polizia in 3.215, +6% rispetto al 2015.
Sfratti anche nei residence, altro problema storico a Roma. Sono stati 156 nel 2015, 140 nel 2016, saranno 180 nel 2017. Gli ospiti dei residence erano 1400, per il 2018 se ne stimano 1.022. Nella città della gente senza case e delle case senza gente questa è solo la punta dell’iceberg in un oceano in cui le occupazioni abitative sono circa 3 mila: mille quelle storiche, 800 le nuove e un altro migliaio quelle in edifici dismessi non censite. In mancanza di una visione complessiva sull’emergenza abitativa, capace di fornire un’alternativa concreta, proseguono gli sgomberi dei palazzi occupati che sarebbero passati da 120 a 93 negli ultimi tempi.
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