Italia

Il monopolio della violenza in un video-choc

Un frame del video con l’aggressione dei carabinieriUn frame del video con l’aggressione dei carabinieri

Due carabinieri picchiano un 23enne guineano sotto gli occhi dei passanti. Il giovane: «Ho avuto paura di morire». I militari trasferiti, il filmato in procura

Pubblicato 8 mesi faEdizione del 15 marzo 2024

Una scena da «filmati americani», l’ha definita l’avvocata che difende Idrissa Diallo, il 23enne guineano preso a pugni mercoledì mattina a Modena da un carabiniere che lo stava arrestando solo perché non aveva con sé i documenti, li aveva lasciati a casa. Alla brutale violenza hanno assistito in molti, nessuno ha reagito, ma se non fosse stato per il video girato e postato sui social da un passante che si è preso la responsabilità di non voltarsi dall’altra parte, probabilmente Diallo avrebbe avuto molta difficoltà anche solo ad essere creduto. Nel video si vede chiaramente il militare sferrare dei pugni sul viso del giovane già immobilizzato che viene spinto per farlo entrare nella volante. E, a quanto si apprende, dopo che il filmato è diventato virale i due carabinieri sono stati temporaneamente destinati ad altri incarichi, e l’Arma ha inviato le immagini in Procura.

Durante l’udienza di convalida dell’arresto per resistenza a pubblico ufficiale e danneggiamento, Idrissa Diallo ha dichiarato di essere stato «picchiato al volto e a una gamba» e di non aver provocato danni all’auto di servizio dei carabinieri. Dopo la convalida, il giovane è stato liberato in attesa dell’udienza rinviata al 18 aprile. Secondo quanto riferito dalla sua avvocata, Barbara Bettelli, Diallo avrebbe raccontato al giudice di essere stato controllato alla fermata dell’autobus mentre si recava al lavoro, in un paese della provincia.

Non aveva con sé documenti d’identità ma, come ha proposto ai carabinieri, un suo convivente glieli avrebbe potuti portare. I militari invece lo hanno invitato a salire sulla gazzella ma Diallo avrebbe, a quel punto, protestato. «Non mi hanno ascoltato quando gli ho detto che volevo chiamare un amico per i documenti – ha riferito il giovane guineano – ma hanno iniziato a picchiarmi e volevano buttarmi dentro la macchina. Non mi era mai successa una cosa del genere – aggiunge Diallo – In caserma mi hanno buttato a terra e mi hanno picchiato ancora, molto forte, ho avuto paura di morire».

«In udienza è stato detto che è stato controllato perché sembrava sospetto – spiega l’avvocata Bettelli – Ma non c’era a mio avviso nessun indizio che stesse commettendo un reato. Si sono accaniti con una violenza non necessaria. Se una persona si oppone a un controllo legittimo va contenuta, non picchiata». La legale sta valutando se sporgere querela, ma il giovane ne è convinto: «Voglio denunciare. Mi hanno picchiato senza motivo, io non ho fatto nulla».

Ieri Diallo si è recato in ospedale per essere sottoposto a controlli radiologici. «Ancora non sto bene», ha detto. Il ragazzo in Italia è arrivato sette anni fa da minorenne, attraversando il Mediterraneo su un barcone. Non ha precedenti ed è considerato un ottimo lavoratore, tanto da essere stato “promosso” aiuto cuoco nel ristorante dove presta servizio, regolarmente assunto. A testimoniarlo è il titolare del Ristorante Pasticceria Siciliano «Cirisiamo» di Modena dove il giovane guineano lavora: «Hanno preso un granchio – dice Mario Campo -, la persona sbagliata, e qualcuno ne pagherà le conseguenze. Sono sei anni che lavora per questo locale, non ha mai fatto nessun errore. Non ha ancora capito cosa gli è successo. È arrivato col barcone, ha preso la protezione internazionale e attraverso l’assistente sociale è arrivato a lavorare qui, prima come lavapiatti, poi ha fatto carriera ed è cuoco ai secondi. È uno di quelli che ha fatto il percorso giusto: in Guinea sta costruendosi la casa, manda i soldi ai genitori. Non si può fare di tutta l’erba un fascio».

Il video ha di nuovo portato alla luce un problema enorme di legalità che inquina le forze dell’ordine. La categoria non lo ammette, ma perfino il Nuovo sindacato carabinieri, dopo la dovuta difesa dei colleghi e l’appello ad una giustizia non sommaria, chiede «che tutti i lavoratori in servizio nei comandi che offrono servizio “operativo in pattuglia” ricevano un periodo addestrativo mensile retribuito, con sessioni adeguate tenute da istruttori appositamente formati, come già avviene per le lezioni di tiro, per il mantenimento della performance tecnica sul corretto uso della forza e sul mantenimento delle adeguate condizioni di assetto psicologico, in condizioni di stress».

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