L’epilogo del campionato di Serie A, con la vittoria dello scudetto e il cambio di proprietà rossoneri, ha riacceso l’interesse sportivo e finanziario su San Siro, tempio milanese del calcio, da 3 anni al centro di un tira e molla tra Palazzo Marino e i club, Inter e Milan.

In questa diatriba si era già da tempo inserito il comune di Sesto San Giovanni, ritenuto da tutti un piano B, un’opzione di riserva per “spaventare” Beppe Sala. Ma nell’arco di due settimane, le cose sono assai cambiate: prima il sopralluogo del nuovo patron rossonero, Gerry Cardinale (numero uno del fondo di investimenti statunitense Redbird) nell’ex area sestese dell’acciaieria Falck, indicata dal sindaco leghista Roberto Di Stefano come perfetta per lo stadio. Poi, la presentazione (ieri) di un masterplan per l’edificazione del nuovo impianto del Milan da parte dell’archistar Norman Foster, che ne ha firmato il disegno e il modellino in scala. Con grossa sorpresa da parte di molti.

L’opera, se realizzata, sarebbe di sola proprietà rossonera, diversamente da quanto accadrebbe se lo stadio venisse realizzato a Milano. Per costruirlo, il fondo americano guidato da Cardinale ha scelto Hines, gruppo americano di sviluppo immobiliare che controlla proprio l’area di MilanoSesto e che di recente si è accaparrato anche la riprogettazione del centro direzionale di Via Tortona a Milano. Il disegno di Foster prevede tra i 60mila e i 70mila posti e il riutilizzo parziale dell’altoforno Tagliaferri per la parte museale dell’impianto. Tra gli obiettivi ci sarebbe quello di mantenere i 24 ettari di parco attiguo. Ma come spesso accade, la realizzazione del progetto in concreto potrebbe essere ben diversa da disegni e modelli, come temono i molti comitati del «no stadio».

Di Stefano, che il prossimo 12 giugno dovrà affrontare il banco delle urne per la sua rielezione a sindaco, sta puntando tutto su questa partita: lo stadio a Sesto come «regalo permanente alla città». Anche se sembra ignorare l’opinione dei suoi concittadini, contrari alla realizzazione del progetto. «L’ipotesi dello stadio del Milan è sempre più concreta – spiega in una nota Di Stefano, assicurando tempi rapidi per andare incontro alla società. «Noi – aggiunge – siamo favorevoli perché comprendiamo le esigenze di un grande club che ha bisogno di un impianto di proprietà per eccellere a livello internazionale».

La pensa diversamente – e non solo per rivalità elettorale – il candidato sindaco del centrosinistra Michele Foggetta (Sinistra italiana). «Sappiamo tutti che si tratta di una boutade, ma prendiamo per plausibile la proposta: lo stadio sorgerebbe tra il Besta (Centro neurologico) e l’Istituto dei tumori, con conseguenze logistiche devastanti: è un’idea priva di buon senso». Senza contare la preoccupazione dei cittadini sestesi per la «colata di cemento» che provocherebbe la realizzazione di un impianto così grande. L’ex area Falck, comunque, era già stata oggetto di piani di rigenerazione da parte del Comune, tra questi anche quello di una Cittadella della Salute, «traino per il polo della medicina e della ricerca», aggiunge Foggetta.

Quindi niente più «La Cattedrale»? Il progetto di Populos per il «nuovo San Siro», scelto tra i due in lizza per la riprogettazione del Meazza per ora resta fermo, mentre il sindaco Sala spiega di aver chiesto alle squadre conferma delle loro intenzioni: «I nostri passi li abbiamo fatti, abbiamo nominato il coordinatore del dibattito pubblico, quindi vorremmo partire». Rispedisce anche a Di Stefano l’accusa non troppo velata di allungare i tempi: «Se si sceglie di costruire su un terreno pubblico il percorso è più lungo. Su un terreno privato si fa prima, ma a Sesto c’è un lavoro complicato da fare sul piano della mobilità».

Va detto, comunque, che già del 2019, le due società avevano annunciato il “primo passo” verso un nuovo distretto sportivo per le squadre di club cittadine, con la presentazione del progetto di fattibilità. Dopo mesi di stallo (causa pandemia e ralenti pre-elettorale a Milano, dove si è votato a ottobre 2021), lo scorso 5 novembre, la giunta comunale guidata dal rieletto Beppe Sala aveva dato il suo ok al pubblico interesse per il progetto (con l’assenza dell’assessora all’Ambiente Elena Grandi, eletta con i Verdi) facendo storcere il naso agli ambientalisti in Consiglio comunale e ai comitati di quartiere, già pronti per una levata di scudi contro la giunta.

Palazzo Marino aveva posto nuovi paletti ai club – volumetrie contenute, sostenibilità economico-finanziaria, garanzie di eco-sostenibilità – incontrando comunque il niet dei comitati di quartiere che, infine, il 4 gennaio hanno presentato ricorso al Tar contro la realizzazione dell’opera, sostenendo la piena fattibilità della ristrutturazione del Meazza. Nonostante i tempi improvvisamente accelerati da parte di Redbird, la partita per il nuovo stadio si annuncia lunga. Specie se a vincere la sfida elettorale non fosse Di Stefano.