Il lessico dell’italiano tra storia, società e cambiamenti climatici
Tullio De Mauro, nella sua opera Guida all’uso delle parole, ci ricordava che tra le parole della lingua abbiamo il dovere di cercare quelle che esprimono meglio il senso che vogliamo comunicare. Lo sforzo ci aiuterebbe a capire di più non solo la lingua, ma anche la realtà che ci circonda. Se il lessico di uno scrittore del passato è definibile attraverso i libri che ha scritto, il lessico di chi parla è più fluttuante.
A VOLTE ALCUNI TERMINI immessi nella lingua viva del quotidiano, ci danno la sensazione di una rivoluzione lessicale, che spesso si manifesta infondata. Infatti, alcune parole escono definitivamente dall’uso quotidiano, come quelle più arcaiche, altre entrano per una breve durata nel nostro linguaggio, come i neologismi, ma poi scompaiono perché non riescono ad attecchire, altre ancora restano per un tempo lungo. Il patrimonio lessicale di una lingua si rinnova da una parte sfruttando i meccanismi di formazione delle parole a sua disposizione e dall’altra attingendo da un’altra lingua come ci spiegano gli autori del libro La vita delle parole ( il Mulino), un volume a più mani scritto da vari linguisti, curato da Giuseppe Antonelli. Prima che si diffondesse una coscienza ecologista, la parola ambiente aveva un significato diverso e più ristretto rispetto a oggi, come pure sostenibilità, comparsa per la prima volta in un documento dell’Onu nel 1972, poi entrata nel linguaggio politico dei movimenti della contestazione degli anni ‘70 del secolo scorso.
IL CAMBIAMENTO CLIMATICO, gli eventi estremi, la globalizzazione, l’uso di diserbanti su vasta scala, hanno portato nuove parole nel vocabolario comune, come ad esempio agrotossico, per indicare qualcosa di «dannoso per l’agricoltura» riguardo a certi prodotti chimici usati come anti infestanti. Di recente è comparsa agflazione, parola composta da agricoltura e inflazione il cui significato indica «l’aumento del prezzo dei generi alimentari causato da una forte crescita della domanda specie da parte dei paesi emergenti». Una novità è rappresentata anche dal composto coprovegetariano.
IL 14,4% DEL VOCABOLARIO Oli-Devoto riferito al XX secolo è costituito da parole straniere con buona pace dei ministeri del governo Meloni, deputati alla salvaguardia dell’italianità. Sotto questo aspetto la capacità di una lingua di assorbire parole straniere fu colta già cinque secoli fa da Niccolò Machiavelli, il quale scriveva che la lingua è talmente «potente che i vocaboli accattati («ricevuti») non la disordinano, ma ella disordina loro: perché quello ch’ella reca da altri lo tira a sé in modo che par suo».
LE NUOVE PAROLE ENTRATE nel vocabolario comune sono il riflesso del momento politico e storico in cui nascono, si pensi all’ecobonus del governo Conte oppure all’ eco-ansia dovuta ai cambiamenti climatici. Prevale negli ultimi tempi nel nostro vocabolario greenwashing per indicare qualcuno che vuole ripulirsi la coscienza e l’ immagine, attraverso i petrodollari investiti soprattutto nel calcio, come avviene nei paesi arabi, dove i diritti sono sistematicamente violati.
Il termine greenwashing è spesso usato a sproposito, soprattutto nel linguaggio sportivo, per indicare coloro che riciclano denaro sporco attraverso il calcio con particolare riferimento alla criminalità organizzata. Le parole hanno una loro storia, scompaiono definitivamente o subiscono un’estensione del loro significato, anche le parole verdi on sfuggono a questo processo, perché, come ricordava Tullio de Mauro «una lingua si fa nella società e nel tempo». Non «disordinano» ma a volte sono di difficile comprensione parole come net zero, climate positive, carbon free, che in tempi recenti il linguaggio green ha mutuato.
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