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Il lago va al Campidoglio

Il lago va al CampidoglioUno scorcio del lago Bullicante, all'ex Snia – LaPresse

Ambiente Quando i cementificatori scavarono nella falda dell’«acqua bullicante» nacque lo specchio d’acqua del Prenestino. Un corteo chiede a Gualtieri di difenderlo dal ritorno delle ruspe

Pubblicato più di un anno faEdizione del 6 giugno 2023

Riflettendo sulla difficoltà di narrare l’emergenza ambientale nella sua forma di irruzione dello straordinario nella quotidianità, lo scrittore indiano Amitav Gosh rievoca il suo primo incontro con un tornado. Accadde a New Delhi, alla fine degli anni Settanta del secolo scorso: girò l’angolo, imboccò una strada che non era solito percorrere e si trovò letteralmente nell’occhio del ciclone. Allo stesso modo, non è semplice restituire la forza della storia vera del lago Bullicante che sorge nell’area dell’ex Snia Viscosa, sulla via Prenestina a Roma. Perché, appunto, si rischia di rimanere intrappolati nell’allegoria. Ci si trova di fronte a un’immagine di verde post-apocalittico, di vita che sgorga dalle rovine, che pare pensata apposta per divenire emblematica.

LA STORIA è nota: dove provarono a scavare le fondamenta per gettare le colate di cemento dell’ennesima speculazione edilizia eruttò la sorgente sotterranea di acqua minerale e alimentò un laghetto artificiale con tanto di microclima. Ormai lo sanno anche gli uccelli migratori, che hanno mutato itinerario non appena hanno scorto un nuovo lago e che adesso fanno sosta all’incrocio tra largo Preneste e via di Portonaccio. Lo sanno bene anche i tanti bambini delle scuole del quartiere, che hanno adottato lo specchio d’acqua di 10 mila metri quadri. Per loro, fa parte della geografia del posto da sempre: è quasi impossibile convincere chi è nato dopo gli eventi che condussero al fortunato getto d’acqua bullicante che si tratta di un insediamento naturale eppure artificiale. Che tutto cominciò. come ha certificato l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, soltanto alla fine del secolo scorso, quel giorno che una ruspa intercettò una delle falde dei depositi del vulcano dei Colli Albani. Il lago sta lì, pensano i millennial, e non può che essere così da sempre.

A BEN GUARDARE, l’unico modo per raccontare questa storia passa per la descrizione delle persone che la fanno vivere, a cominciare da quelli che abitano questa Zona lacustre temporaneamente autonoma. Ieri, ad esempio, molti di loro si potevano trovare in cammino. Dal quadrante sudest, sotto i pilastri della tangenziale, si sono mossi alla volta del centro storico. Più precisamente, puntavano al Campidoglio, per chiedere di incontrare il sindaco Roberto Gualtieri proprio nella giornata mondiale per l’ambiente. È accaduto, infatti, che qualche settimana fa gli uffici tecnici di Roma Capitale abbiano rilasciato un permesso di costruire al proprietario dell’area. Il costruttore Antonio Pulcini ha ottenuto la licenza di catapultare 300 mila metri cubi per edificare un hub della logistica, un deposito di tir e autoarticolati. Ciò accade a dispetto del fatto che sia ancora in ballo, in un cassetto della Regione Lazio, la procedura che finalmente trasformerebbe l’area del lago pirata della Prenestina in un monumento naturale. La tutela ambientale metterebbe un argine agli appetiti speculatori, ma quando mancava la firma finale tutto si è inabissato nelle burocrazie regionali. Mancava il passaggio finale col Demanio. Nicola Zingaretti, come è noto, si è dimesso per fare il parlamentare e la Regione è passata alla destra, che non ha molta dimestichezza con i sommovimenti sociali e non pare interessata a porre vincoli al cemento.

IL POPOLO del lago ribelle chiede che a Gualtieri di «ritirare lo scellerato permesso di costruire che distruggerebbe per sempre la biodiversità». Ricordano che l’Assemblea capitolina «ha votato all’unanimità un documento volto alla tutela del parco e del lago, e così anche il Consiglio del V Municipio. Ora però l’assessorato capitolino all’Urbanistica, contraddicendo la volontà degli abitanti e della politica, ha rilasciato un permesso al privato calpestando i diritti e i bisogni della collettività». Da qui l’appello al sindaco: «Chiediamo a lei, sindaco, di garantire il rispetto della volontà politica e popolare ritirando questo folle permesso di costruire».

C’ERANO anche i consiglieri comunali di Sinistra civica ecologista ed Europa verde, Alessandro Luparelli e Nando Bonessio. «Abbiamo portato la nostra solidarietà alla battaglia del forum e delle associazioni, come già avevamo fatto con la presentazione della mozione approvata il 24 gennaio scorso dall’Assemblea capitolina – sottolineano – Oggi come allora chiediamo che si apra un Tavolo con la Regione Lazio e con la proprietà dell’area affinché si proceda per l’ampliamento del monumento naturale e il vincolo sia esteso a tutta l’ex area industriale Snia Viscosa. Continueremo a batterci affinché l’amministrazione capitolina faccia integralmente suoi questi obiettivi e ci impegneremo perché a tal fine possano essere reperiti fondi del Pnrr o del Giubileo».

SI PARLA di fondi perché dal Campidoglio trapela che l’amministrazione non vuole compiere «atti unilaterali», ergo ha bisogno di trattare con Pulcini e cercare una contropartita. Una delegazione di quattro persone ieri ha incontrato lo staff del gabinetto del sindaco. Hanno ottenuto l’apertura di un tavolo di confronto con la giunta. Venerdì dovrebbero vedere l’assessore all’urbanistica Maurizio Veloccia, i cui uffici hanno concesso il foglio bollato che ha riesumato le ruspe di Pulcini. Al momento, i cingolati sono fermi grazie a un ricorso al Tar di Legambiente, associazione Da Sud e Forum de parco delle energie. Il tribunale amministrativo non si è ancora espresso ma ha fermato le grandi manovre edificatorie in via cautelativa. Della questione ieri hanno promesso di volersi occupare anche Sabrina Alfonsi, che ha la delega all’ambiente, e il sindaco stesso, che ha detto ai cittadini di voler «leggere le carte». Sono passati quasi quarant’anni, era il 1994, quando iniziarono i primi espropri dell’area da parte del Comune. Circa il 60% dei tredici ettari venne sottoposto al vincolo della tutela naturalistica. Il gruppo Pulcini mantenne il possesso del restante 40% del terreno. È arrivato il momento, dice il popolo del lago, di trasformare definitivamente il parco in un bene comune. Difficile che senza la spinta di questa gente si possa davvero arrivare all’obiettivo.

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