Lavoro

Il Jobs Act ha il suo primo licenziato

Il Jobs Act ha il suo primo licenziatoIl presidente del consiglio Matteo Renzi e il ministro del Lavoro Giuliano Poletti – Mistrulli

Udine Messo alla porta dalla cartiera Pigna: lettera di 11 righe, subito fuori. L’azienda aveva usufruito degli incentivi. La Cisl punta al reintegro, ma non sarà facile. E intanto il governo chiude a fine anno i sussidi destinati ai collaboratori

Pubblicato quasi 9 anni faEdizione del 14 novembre 2015

«Riorganizzazione della turnistica dovuta a un persistente calo di lavoro». Basta questa scarna motivazione, annegata dentro una lettera di appena 11 righe, per poter licenziare una persona al tempo del Jobs Act. Il dipendente è a tempo indeterminato, ma senza articolo 18 e protetto solo dalle «tutele crescenti», quindi avrà diritto solo a un piccolo indennizzo monetario, mentre l’azienda ha goduto ampiamente degli sgravi contributivi concessi dal governo. Soldi pubblici ben investiti, se non creano posti stabili? Devono esserselo chiesto alla cartiera Pigna Envelopes srl di Tolmezzo (Udine), dove – come spiegava ieri il Messaggero veneto – si è registrato il primo licenziamento di un lavoratore assunto con le norme “made in Renzi”.

Assunto 8 mesi fa – quindi tra i primi in assoluto in Italia (il Jobs Act è entrato in vigore il 7 marzo) – il dipendente della Pigna ha ottenuto un benservito lampo: l’amministratore delegato della cartiera, infatti, gli ha scritto che la decadenza del suo posto era da intendersi «con decorrenza dal ricevimento della presente lettera». Un trauma che – almeno in questi termini – viene risparmiato perfino ai precari, visto che con tutti i problemi che hanno, conoscono pur sempre la scadenza naturale del contratto.

Lo spiega bene Massimo Albanesi, segretario regionale della Fistel Cisl, intervistato dal quotidiano veneto: «I lavoratori “a tutele crescenti” – dice – vengono trattati allo stesso modo dei precari. Anzi, direi anche peggio: nei contratti a tempo determinato le regole sono chiare, il lavoro c’è ed è a tempo, condizionato all’attività dell’impresa. Non ci sono illusioni, né si alimentano».

In questo caso, invece, prosegue il sindacalista Cisl, «assistiamo a un licenziamento che lascia a casa un lavoratore che, per essere assunto alla Pigna e avvicinarsi alla famiglia, una moglie e due figli piccoli, aveva lasciato un’altra occupazione. Dall’altra parte abbiamo un’azienda che ha beneficiato della decontribuzione prevista dalla legge per aver assunto un lavoratore a tempo indeterminato (e non sarà nemmeno costretta a restituire il vantaggio contributivo incamerato per i mesi di assunzione), e che oggi scarica sulla collettività lo stesso lavoratore che dovrà fare domanda per accedere agli ammortizzatori sociali. Per l’azienda nessun conto da pagare; per il sistema Paese un doppio costo sociale».

Il sindacato annuncia che ricorrerà alle vie legali per un reintegro del lavoratore, anche se il Jobs Act – per come è scritto, e avendo come caratteristica proprio lo “smontaggio” dell’articolo 18 – lascia pochi margini.

La Cisl teme anche per gli altri dipendenti della Pigna di Tolmezzo, circa 90, perché la cartiera è inserita in un percorso di ristrutturazione, in vista di una probabile cessione a un gruppo tedesco. E se pure i licenziamenti non arrivassero adesso, si chiedono al sindacato, non è che gli assunti con il Jobs Act rischiano di essere messi alla porta una volta che si saranno esauriti gli incentivi triennali legati alle tutele crescenti?

Crudele Naspi, addio Dis-coll

E proprio in fase di discussione della legge di Stabilità, ci accorgiamo che i già risicati ammortizzatori renziani (la riforma del governo ne ha ridotto la copertura) rischiano di essere ulteriormente tagliati. La denuncia viene dalla Cgil, e riguarda Naspi e Dis-coll.

Quanto alla Naspi, si è aperto un problema per i lavoratori stagionali e discontinui del turismo, dell’industria alimentare e dello spettacolo. Diverse centinaia di migliaia di addetti penalizzati dalla nuova indennità di disoccupazione che non riconosce la strutturalità della loro condizione lavorativa, non a loro imputabile. La Cgil e la Filcams chiedono quindi un correttivo alla legge, che permetta loro di usufruirne.

E poi c’è la mancata proroga della Dis-coll (il sostegno ai collaboratori), che scadrà il 31 dicembre. La Commissione bilancio del Senato ha bocciato l’emendamento che prolungava la copertura anche per il prossimo anno.

«Si tratta di una marcia indietro grave – sostiene Serena Sorrentino, segretaria confederale Cgil – soprattutto considerando che a molti collaboratori, come assegnisti di ricerca e dottorandi, la tutela prevista dalla Dis-Coll non è stata mai riconosciuta, come abbiamo denunciato nella campagna #perchenoino di Cgil, Inca, Flc Cgil e Adi». Per il Nidil Cgil «nella lotta alla precarietà si dimostra la distanza tra gli annunci del governo e i fatti».

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