Il fantasma del gender si aggira per il centrodestra. Di fronte alle polemiche sulla mancata firma da parte del governo Meloni della dichiarazione per i diritti delle persone Lgbtq+, la destra tira fuori un grande classico del pensiero reazionario postmodermo: la fantomatica «ideologia gender», che si insinua nelle case delle ignare famiglie italiane per distruggerle dall’interno. «Altro che politiche contro la discriminazione, sulle quali il governo italiano è in prima linea – dice ad esempio il deputato di Fratelli d’Italia Lorenzo Malagola – Si trattava di un trappola per imporre la cultura gender in tutta Europa contro il volere delle singole nazioni».

Questa argomentazione viene considerata efficace al punto da essere adoperata anche da Antonio Tajani, nonostante Forza Italia sia il partito potenzialmente più in difficoltà di fronte a una scelta che pone l’Italia più in linea con il fronte Visegrad che coi paesi fondatori dell’Unione europa. «Le perplessità mi sembra siano sulla teoria gender e non sui diritti delle persone – si mette in scia il ministro degli esteri – mi sembra siano cose diverse». E anche un’altra ministra azzurra, considerata anima «moderata» del partito, concede il beneficio di inventario alla ministra della famiglia e delle pari opportunità Eugenia Roccella, che giusto il giorno prima aveva spiegato così la sua posizione: «Non abbiamo firmato e non firmeremo nulla che riguardi la negazione dell’identità maschile e femminile». «Sono aperturista sui diritti ma non ho visto il testo – afferma una conciliante Bernini – Roccella e il governo avranno avuto un motivo per non firmare. Mi riservo di capire il perché».

Matteo Salvini non ha alcuna difficoltà a riattaccare con il refrain delle famiglie minacciate dal gender (rieccolo): «Rispetto per tutti, libertà per tutti, ma senza mettere in discussione il diritto dei figli a crescere con una mamma e un papà e il diritto della mamma e del papà a chiamarsi come tali». E il suo caudillo nelle liste leghiste, Roberto Vannacci, gioca la sua parte rivendicando «la sovranità nazionale, il nostro diritto a scegliere in base a quelle che sono le nostre sensibilità sull’argomento senza doverci accodare» e poi evocando la «dittatura delle minoranze» di cui parla nel suo manuale reazionario: «Perché gli anziani non sfilano nelle strade? Eppure vivono in condizioni spesso peggiori dalla comunità Lgbtq subiscono violenza nelle Rsa, scopriamo tutti i giorni che vengono aggrediti maltrattati, violentati. Eppure nessuno parla di gerontofobia». Tanto che qualcuno dentro Forza Italia mangia la foglia e lancia l’allarme: «Se continuiamo così vince la linea Vannacci».

«Per chi avesse ancora dubbi, ora è tutto chiaro – attacca Riccado Magi di +Europa – L’Europa a cui Meloni vuole ancorare l’Italia non è quella dei grandi paesi fondatori, che fanno della promozione dei individuali e quindi dei diritti Lgbtq+ un punto di forza. Meloni vuole portare l’Italia nel gruppuscolo degli staterelli omofobi. Un’Italia piccola che non conta nulla in Europa e nel mondo. Questo è il patriottismo».
Marilena Grassadonia, responsabile diritti di Sinistra italiana e candidata alle europee al centro, dice chiaramente che la decisione dell’esecutivo e «inaccettabile». «Il governo Meloni, dovendo spalleggiare i suoi alleati in Europa, trascina l’Italia verso un punto di non ritorno per la libertà e lo Stato di diritto – dice Pina Picierno, candidata del Partito democratico nella circoscrizione sud – E questo è forse il punto più importante di questa campagna per le Europee: dove vuol stare l’Italia?».