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Il governo tecnico e la lucida strategia di fare terra bruciata

Il governo tecnico e la lucida strategia di fare terra bruciataMartina e Renzi – LaPresse

Pd-M5s Lasciarsi le mani libere, far degenerare la situazione politica per arrivare a soluzioni di emergenza che giustifichino giravolte rispetto ai propri elettori

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 25 aprile 2018

Il tentativo di un team di professori di formulare una bozza di possibile contratto tra le forze politiche per dar vita ad un governo sulla base di punti programmatici sembra essere fallito prima di cominciare.

La politica così ritorna ai suoi riti del chi sta con chi e del calcolo combinatorio sulle possibili alleanze. Eppure tutti continuano a dire di voler agire nell’interesse del paese e per risolvere i problemi che assillano i cittadini.

Perché è così difficile mettere insieme le forze per dar vita ad un governo oggi più di ieri?

A mio parere perché stiamo attraversando, nella nostra storia repubblicana, un periodo che presenta problemi nuovi rispetto alle due fasi storiche precedenti.

Nella prima c’era un grande partito di centro dominante ed i problemi di formazione del governo si risolvevano di volta in volta allargando l’arco delle forze chiamate ad una collaborazione subordinata.

Nella seconda – quella del bipolarismo imperfetto – la governabilità veniva affidata a leggi elettorali prevalentemente maggioritarie che consentivano il prevalere di uno schieramento sull’altro.

Oggi stiamo entrando in una fase di cui non conosciamo le caratteristiche, con una legge elettorale prevalentemente proporzionale, ma con un assetto delle forze politiche tipico di una fase di transizione: con soggetti emergenti e soggetti declinanti, ma senza soggetti centrali riconosciuti ed in un clima di violenta contrapposizione tra le forze politiche che rende oggettivamente difficile ogni forma di collaborazione.

E siamo usciti dalla prova elettorale con un assetto paradossale: chi ha vinto non ha vinto abbastanza per governare, chi ha perso ha un peso rilevante per condizionare le soluzioni.

In questo contesto, mancando precedenti e regole che consentano di uscire dall’impasse, il M5s ha fatto un tentativo di copiare il modello tedesco del contratto di programma.

Ma senza tener conto che lì si sono alleati due soggetti alternativi, ma “interni” all’assetto ed alle politiche dell’epoca neoliberista, mentre da noi il M5s ambisce ad essere alternativo sia al Pd che a quelle politiche. Ed inoltre attinge sempre di più nell’elettorato del Pd e della sinistra.

Il tentativo dei professori in questo contesto appare tanto nobile e generoso, quanto inutile.

Ma, al di là del contingente esso rappresenta un tentativo di affrontare un problema col quale dovremo fare i conti: come garantire la governabilità in presenza di più di due soggetti politici consistenti e di una legge elettorale proporzionale.

Per rispondere a questa domanda occorre accettare che in un sistema proporzionale si va al voto e dopo ci si allea, che le alleanze non sono di per sé da demonizzare, ma da regolare, così come si è fatto in Germania, che perché questo avvenga è necessario creare un clima civile di confronto tra le forze politiche ed uscire dalla compagna elettorale permanente.

Di fronte alla dimensione di questi problemi con i quali dovremo fare i conti, servirebbe un vero dibattito democratico sulle nostre istituzioni e sul loro futuro e la sinistra che non c’è dovrebbe far sentire le sue idee e la sua voce.

Regna, invece, un fiorire di slogan, tweet, dichiarazioni televisive ad effetto.

Qualcuno può pensare che la nostra classe politica sia incapace di affrontare problemi di questa dimensione. Forse è così. Ma forse ci sono anche retropensieri ed idee precise.

Far degenerare la situazione politica per arrivare a soluzioni di emergenza, che giustifichino giravolte di fronte ai propri elettori, mettere nelle mani di tecnici la responsabilità di decidere in modo da lasciare la politica fuori e libera di criticare e raccogliere voti, poter confermare l’accusa agli altri di non saper governare, e magari alla fine creare un clima di consenso ad una legge elettorale fortemente maggioritaria con l’occhio rivolto alla situazione francese.

Insomma anche fare terra bruciata può essere una lucida strategia.

Sono presenti anche a sinistra letture molto diverse del voto e dei soggetti politici che si sono affermati.

Spero converremo tutti che il voto e soprattutto quello meridionale ha espresso insieme rabbia e speranza.

La loro miscela può produrre il big bang di una nuova fase positiva. Ma, con l’aria che tira, in Europa e nel mondo può produrre anche l’effetto contrario.

Spero che chi di sinistra si sente e chi tale si dichiara a giorni alterni si sottragga a questo risiko.

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