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Il governo Netanyahu usa le tasse per colpire le ong di sinistra

Il governo Netanyahu usa le tasse per colpire le ong di sinistraMembri di Breaking the Silence – Breaking the Silence

Israele Una proposta di legge in cantiere mira ad imporre tasse eccezionali sui fondi dall'estero per le ong e le associazioni israeliane che difendono i diritti umani e i diritti dei palestinesi. Ma Usa ed Europa protestano

Pubblicato più di un anno faEdizione del 27 maggio 2023
Michele GiorgioGERUSALEMME

«Siamo un media, quindi meno esposti delle ong per i diritti umani e civili alle conseguenze di misure volte a ridurre il più possibile i fondi dall’estero. Però, anche noi riceviamo aiuti finanziari, dalla Germania, e versarli in gran parte come tasse allo Stato, ci priverebbe di risorse necessarie per il nostro lavoro di diffusione di informazioni che altri non danno». Orly Noy, attivista dei diritti delle minoranze e direttrice della rivista online Mekomit/+972, tra le più autorevoli sulla questione palestinese e la realtà politica israeliana, non nasconde la preoccupazione per la proposta di legge volta a limitare drasticamente donazioni da governi e sponsor stranieri per ong, associazioni e gruppi della società civile israeliana. «C’è il tentativo evidente di colpire la sinistra, chi difende i diritti umani e denuncia l’occupazione (dei territori palestinesi)», ci spiegava ieri Orly Noi. «Le ong e le associazioni di destra – ha aggiunto – in genere sono finanziate da milionari nazionalisti ed esponenti religiosi locali. Quindi non sono toccate dalle misure contro i finanziamenti dall’estero». Vittime della legge in cantiere, ha avvertito la giornalista, «saranno anche le strutture finanziate dall’estero che assistono le categorie più deboli e più emarginate dei cittadini».

A destra, da svariati anni, si vedono i fondi stranieri alle ong di sinistra come una interferenza nella politica di Israele nei confronti dei palestinesi sotto occupazione. Già in passato erano stati preparati provvedimenti, poi accantonati, per frenare il flusso di finanziamenti destinati alla società civile. Più concreta è la proposta di legge, redatta dal deputato Ariel Kallner del Likud, il partito del premier Netanyahu, che dovrebbe essere presentata domani al competente comitato ministeriale. Prevede che qualsiasi ong o associazione che farà attività di advocacy due anni prima o dopo aver ricevuto una donazione da un governo straniero, non potrà più beneficiare di esenzioni fiscali. E i fondi saranno soggetti a una tassazione del 65%. Con tali restrizioni verrebbero paralizzate la capacità di organizzazioni israeliane – come il Centro per i diritti umani B’Tselem e Breaking the Silence (gli ex soldati che denunciano l’occupazione) – di operare in Israele e in Cisgiordania.

La nuova iniziativa sembra avere maggiori possibilità di diventare legge rispetto a tentativi analoghi fatti in passato, data la linea dura e pro-coloni della coalizione guidata da Netanyahu. L’impegno ad approvare un disegno di legge del genere è stato incluso addirittura nell’accordo di maggioranza firmato dal Likud con il partito di estrema destra Otzma Yehudit. Ma la destra al governo in queste ore deve fare i conti con le preoccupazioni espresse da diversi governi europei. Anche gli Stati uniti, dopo Germania e Francia, si sono opposti al disegno di legge. Stando a quanto riferito dalla tv Canale 13, Netanyahu è personalmente coinvolto nelle discussioni sulla risposta che Israele dovrà dare a questi suoi alleati.

Times of Israel scriveva ieri che la Germania è la più turbata e ha espresso la sua disapprovazione attraverso diversi canali. Ma il problema vero per Netanyahu sono gli Stati uniti. Il governo israeliano rischia di impattare contro la Middle East Partnership for Peace Act (Meppa) approvata dal Congresso nel 2020 e che ha stanziato 250 milioni di dollari per promuovere il dialogo israelo-palestinese e lo sviluppo delle imprese economiche palestinesi. Se il disegno di legge di Kallner dovesse passare, le ong che ricevono le sovvenzioni Meppa dovranno versare la maggior parte di quei fondi all’agenzia delle entrate di Israele.

 

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