È trascorso poco meno di un mese dal «golpe» morbido di Tobruk: il 10 febbraio scorso i 147 rappresentanti della Camera dei rappresentanti libica, con sede nell’est del paese, avevano nominato premier Fathi Bashagha, l’ex ministro degli interni del Governo di unità nazionale di Tripoli (Gnu) e uomo forte della «città-stato» di Misurata. Peccato che un primo ministro la Libia lo abbia già: Abdulhamid Dabaiba, di stanza nella capitale.

Ieri il nuovo esecutivo nominato da Bashagha (e rinominato Governo di stabilità nazionale) si è riunito per la prima volta a Dar al Saalam, a Tobruk, con la benedizione del generale Khalifa Haftar, capo del sedicente Esercito nazionale libico e protagonista di tentativi (tutti falliti) di prendersi Tripoli e il controllo del paese nordafricano.

La prima riunione giunge il giorno dopo la «scomparsa» temporanea di tre neo ministri (agli esteri Hafed Gaddur, alla cultura Salha Al Druqi e all’educazione tecnica Faraj Khaleil), bloccati milizie filo-tripoline per impedirgli di giurare e rilasciati in serata. Obiettivo dell’incontro è la fissazione della data di insediamento del governo «golpista» nella capitale libica, che «avverrà in modo pacifico senza alcuna violenza», ha tenuto a precisare all’emittente tv Libya Al Hadath il ministro della difesa di Bashagha, Amid Houma.

Il dichiarato pacifismo si scontra con la realtà: con le elezioni rinviate a data da destinarsi (avrebbero dovuto tenersi il 24 dicembre), all’orizzonte più che una pacificazione appare una potenziale guerra civile. Perché, se Bashagha gode del sostegno di Tobruk e di Haftar (e di conseguenza delle milizie anti-turche presenti in Tripolitania), Dabaiba non è solo. Ad appoggiarlo ci sono milizie, soldati di Ankara e pure l’uomo che, agli occhi occidentali, è il garante della stabilità libica, il governatore della Banca centrale Sadiq al Kabir.

A riscaldare gli animi c’è anche il decreto emesso nella notte tra giovedì e venerdì da Bashagha con cui ordina alle unità anti-terrorismo e alle forze di sicurezza di non prendere più ordini dal Gnu e chiede ai servizi di intelligence di revocare lo stato d’allerta nella capitale. Dabaiba risponde e all’esercito ordina di attaccare qualsiasi convoglio in marcia che non abbia il permesso del Gnu.

Ovvia la preoccupazione delle Nazioni unite, principale sponsor nonché «fondatrici» del Gnu. Ieri Stephanie Williams, consigliera speciale del segretario generale dell’Onu per la Libia ha invitato le parti a fare un passo indietro, nell’idea che «amministrazioni rivali» non siano la soluzione politica alla crisi che ormai attanaglia il paese dal 2011.