L’appuntamento è fissato per la settimana dopo Pasqua. Allora in consiglio dei ministri approderà quello che viene annunciato come «un corposo pacchetto di misure» sulla giustizia, a partire dall’argomento più delicato di tutti: la separazione delle carriere dei magistrati. Il tema, presente nel programma di governo di Giorgia Meloni, è stato per mesi agitato dal guardasigilli Carlo Nordio come uno spettro durante i vari scontri tra l’esecutivo e le toghe. E adesso potrebbe diventerà realtà in men che non si dica. Calendario alla mano la faccenda appare però un po’ più contorta di quanto viene sbandierato: la commissione Giustizia della Camera prosegue le sue audizioni e già oggi potrebbe adottare un testo base, con la faccenda che potrebbe arrivare in aula già il 25 marzo, ma fonti parlamentari sostengono che i tempi facilmente non saranno rispettati e allra Forza Italia, a quel punto, chiederà di anticipare l’approvazione definitiva dell’abrogazione delreato di abuso d’ufficio. Ieri, tra le altre cose, in commissione Giustizia del Senato è stato incardinato il ddl Nordio approvato in prima lettura un mese fa.

Fatti tutti questi calcoli, la stima più verosimile dei tempi della separazione del carriere ci porta a maggio, giusto in tempo per la campagna elettorale delle europee. Lunedì, poi, come rivelato da Meloni in persona, la premier ha incontrato Nordio per fare un punto della situazione. L’aver reso pubblica la cosa serve soprattutto a placare le voci sulle differenze di vedute tra palazzo Chigi e via Arenula, emerse soprattutto a causa del’ormai naufragata commissione d’inchiesta sui presunti dossieraggi al centro di un’inchiesta a Perugia. Nordio (come Crosetto) si era detto assolutamente favorevole alla parlamentarizzazione dello scandalo, ma Meloni (e prima di lei Tajani) ha messo il freno a mano, dicendo che non c’è bisogno di una commissione d’inchiesta quando già è al lavoro l’antimafia, che tra le altre cose ha già ascoltato il procuratore di Perugia Raffaele Cantone e il capo della Dna Giovanni Melillo. E che, soprattutto, si prepara ad affrontare una lunga serie di audizioni a personaggi a vario titolo coinvolti nella vicenda. Ma di cosa hanno parlato Meloni e Nordio lunedì sera? Stringata la risposta della premier: «Abbiamo parlato di tutto».

Con loro, ad ogni modo, c’erano anche i sottosegretari Mantovano e Fazzolari, oltre ai presidenti delle commissioni Giustizia di Camera e Senato. Le immancabili fonti parlando di «perfetta sinergia» sulla giustizia all’interno dell’esecutivo. La partita, si capisce, è di quelle grosse e se qualche divergenza tra Nordio e Meloni è nota alle cronache da diverso tempo, l’obiettivo di arrivare alla separazione delle carriere appare come un’ottimo motivo per non far deflagrare lo scontro. Del resto, parliamo del tema che più di ogni altro sembra stare a cuore al ministro Nordio, che avrebbe peraltro voluto presentare una sua proposta già diverso tempo fa, ma non c’è mai stata occasione. Intanto il plenum del Csm ha approvato a maggioranza (con otto astensioni) un parere sulle misure contenute nello schema di decreto attuativo della riforma Cartabia, soprattutto per quello che riguarda la parte delle cosidette «pagelle» ai magistrati. Il documento, che verrà trasmesso a Nordio, parla di «serie criticità» sulla «definizione delle gravi anomalie rilevanti ai fini della valutazione della capacita del magistrato, attraverso il ricorso a formule, per un verso, particolarmente ampie, per altro verso, tautologiche, così da prestarsi a valutazioni difformi». Così il Csm ritiene «auspicabile una maggiore aderenza del testo» al «relativo principio di delega», con la «soppressione» della parte dedicata alla definizione del concetto di grave anomalia, «lasciando al Consiglio Superiore, in sede di normazione secondaria, il compito di dettagliare il contenuto della norma».