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Il gas israeliano all’Europa attraverso l’Egitto ora è realtà

Il gas israeliano all’Europa attraverso l’Egitto ora è realtàUrsula von der Leyen e Vladimir Putin prima dell'attacco russo all'Ucraina – commons.wikimedia

Energia Grazie all'intesa trilaterale raggiunta ieri al Cairo, Israele ottiene un successo politico oltre che economico. Ma i vantaggi sono anche per il dittatore egiziano El Sisi

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 16 giugno 2022

I titoli enormi proposti ieri ai lettori dai media israeliani sono ampiamente giustificati. Da attore regionale dell’energia, Israele grazie alla firma del protocollo di intesa trilaterale, assieme a Egitto e Ue, per l’importazione del gas israeliano in Europa, diventa un protagonista del piano per la sostituzione delle forniture di gas russo che porta avanti la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. «Riceveremo il gas da Israele attraverso una conduttura che passa dall’Egitto.

Il gas sarà poi trasformato in Gnl (gas naturale liquefatto) e trasportato verso l’Unione europea», ha annunciato Von der Leyen durante l’incontro con il premier israeliano Naftali Bennett. Quest’ultimo, grazie anche a questo accordo di grande importanza economica e politica, forse riuscirà a puntellare il suo vacillante governo di coalizione.

La firma è avvenuta ieri al Cairo nell’ambito del settimo Forum regionale del gas dei paesi del Mediterraneo Orientale. Le parti lavoreranno per fornire regolarmente di gas naturale gli Stati membri dell’Ue attraverso l’infrastruttura di liquefazione del gas esistente in Egitto. L’affare è da svariati miliardi di dollari. Per Israele che venderà il suo gas e per l’Egitto che dovrà trasformarlo e farlo arrivare in Europa. Il Cairo starebbe già conducendo studi sull’espansione degli impianti di liquefazione di Idku, che comprende due unità con una capacità di 4,1 milioni di tonnellate all’anno, e di Damietta con una capacità di circa 5 milioni di tonnellate all’anno. L’Egitto prevede di esportare con le navi circa 8 milioni di tonnellate di Gnl nel 2022.

Conta anche il lato politico dell’intesa. Pur essendo diplomaticamente vicino alla Russia  – con cui ha rilanciato l’accordo per la costruzione della sua prima centrale nucleare – e poco interessato alle sorti dell’Ucraina,  l’Egitto di Abdel Fattah el Sisi grazie al gas si è garantito una piena immunità in Occidente dalle accuse, ampiamente giustificate, che l’hanno preso di mira in questi anni, relative a gravi violazioni dei diritti umani, ad arresti e detenzioni arbitrarie di oppositori e dissidenti, alla mancanza di libertà di espressione e di stampa e, non dimentichiamolo, per l’assassinio di Giulio Regeni.

El Sisi ieri ostentava un’espressione tranquilla e soddisfatta mentre discuteva di sicurezza alimentare e di costi dell’energia con Ursula von der Layen. Quest’ultima gli ha garantito che l’Ue ha stanziato già 100 milioni di euro all’agricoltura egiziana e per far fronte alla scarsità di grano che il Cairo importa da Russia e Ucraina. «Siamo al fianco dell’Egitto in questa crisi», ha proclamato la presidente della Commissione Ue

Per Israele è un altro grande successo politico e diplomatico ancor prima che economico. La sua influenza è destinata a crescere ulteriormente. E non solo in Europa, anche in Medio oriente, dando più forza alla quella sorta di Nato araba con finalità anti-iraniane partorita dagli Accordi di Abramo del 2020 (mediati dagli Usa) per la normalizzazione dei rapporti tra lo Stato ebraico e quattro paesi arabi, ai quali vanni aggiunti Egitto e Giordania.

E gli Stati Uniti stanno ora mediando tra Arabia saudita, Egitto e Israele per trasferire la sovranità delle isole del Mar Rosso di Tiran e Sanafir dal Cairo a Riyadh. Ci vuole anche il parere favorevole di Israele perché le due isolette sono parte del trattato di pace di Camp David israelo-egiziano del 1979. Washington ne vuole approfittarne per spingere Riyadh e Tel Aviv verso la piena normalizzazione dei rapporti.

Joe Biden arriverà in Medio Oriente a metà luglio e il vertice in Arabia saudita dovrebbe tenersi il 16, suggellando la riconcilizione tra Washington e l’erede al trono saudita Mohammed bin Salman ritenuto, non solo dagli Usa, di essere il mandante dell’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi nel 2018. Il viaggio di Biden invece non porterà nulla, oltre ad aiuti economici, ai palestinesi che hanno invano chiesto all’Amministrazione Usa di mantenere gli impegni presi durante la campagna per le presidenziali, a cominciare dalla riapertura del consolato Usa a Gerusalemme Est, la zona araba della città, mai avvenuta sino ad oggi.

 

 

 

 

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