Il flipper dei candidati. Nel Pd fuori La Regina, ripescato Amendola
Caos liste Il capolista in Basilicata rimosso per un tweet contro Israele. Salvini accusa, ma ricandida in Calabria Furgiuele sotto processo. Calenda imbarca Pittella, Boschi trasloca da Bolzano alla Calabria
Caos liste Il capolista in Basilicata rimosso per un tweet contro Israele. Salvini accusa, ma ricandida in Calabria Furgiuele sotto processo. Calenda imbarca Pittella, Boschi trasloca da Bolzano alla Calabria
I social costano carissimi a Raffaele La Regina, 29 anni, fino a ieri capolista del Pd in Basilicata, oltre che segretario regionale dem. Un suo post del 2020 in cui ironizzava sulla legittimità dello stato di Israele ha dato la stura a una polemica che venerdì sembrava essersi risolta con le scuse del candidato, ma che ieri ha ripreso quota, dopo che al Nazareno sono giunti altri suoi post imbarazzanti, ancora più indietro negli anni, in cui l’allora studente universitario esprimeva in libertà le proprie antipatie politiche.
A QUEL PUNTO, spiegano, la decisione di eliminare uno dei quattro capilista under 35 su cui Letta puntava molto (vicinissimo al vicesegretario Provenzano di cui era stato assistente al ministero per il sud) è parsa inevitabile, anche se sofferta. E all’ora di pranzo lo stesso La Regina ha twittato: «Quando si ha 20 anni si esprimono e si pensano molte cose. Poi si cresce, si studia, si cambia idea. Rinuncio alla mia candidatura perché il Pd viene prima di tutto e perché questa campagna elettorale è troppo importante per essere inquinata in questo modo».
IL PASSO INDIETRO ha rimesso in moto il flipper delle candidature dem. Con un colpo a sorpresa Letta ha messo come numero uno in Basilicata Enzo Amendola, sottosegretario agli Affari europei e già ministro con Conte, che per giochi di corrente e di alleanze era finito solo terzo nel listino di Napoli (posizione molto a rischio). «Come sempre, la mia candidatura è al servizio della nostra comunità. Grazie Raffaele, hai dimostrato amore per il Pd», il commento di Amendola.
Al suo posto in Campania è finito l’ex portavoce di Renzi e Gentiloni, Filippo Sensi, cui era stato assegnato un collegio piuttosto difficile nella periferia romana. Al posto di Sensi, in quota coalizione, va l’assessore al decentramento del Comune di Roma Andrea Catarci (della sinistra), che precedentemente aveva avuto in dote il collegio della Camera che copre più o meno la stessa area. Per quel seggio a Montecitorio Letta ha ripescato Rossella Muroni, ex presidente di Legambiente e parlamentare uscente (eletta con Leu nel 2018 poi uscita per dar vita a una componente ambientalista insieme all’ex ministro Fioramonti).
QUANTO ALLA BASILICATA, non tanto a sorpresa l’ex governatore Marcello Pittella (furioso dopo l’esclusione dalle liste dem da lui definita «un delitto perfetto») è salito sul carretto di Calenda e Renzi, e guiderà il listino per il Senato. E si spreca in ringraziamenti e cerimonie «per l’opportunità di affermare insieme democrazia e giustizia, questa è una festa di popolo e libertà, la rivincita dei territori contro i diktat romani». Maria Elena Boschi invece fa un triplo salto attraverso la penisola: da Bolzano dove era stata paracadutata nel 2018 da Renzi, ora passa come capolista di Azione e Italia Viva in Calabria.
IN CASA DEM IERI si è rischiato un nuovo incidente, quando la destra ha tirato fuori un post del 2021 critico contro Israele di Rachele Scarpa, altra giovane capolista scelta dal Pd per il Veneto. In quel post la candidata diceva che «chi si ostina a parla re del “diritto di Israele a difendersi” chiude gli occhi davanti a quello che Human Rights Watch ha definito il regime di apartheid di Israele».
Una critica perfettamente legittima, che Fratelli d’Italia ha subito tacciato di «antisemitismo camuffato».
Per fortuna questa volta non sono scattati provvedimenti disciplinari o censure. Anzi, Scarpa ha ribadito le sue legittime critiche «alla politica del governo israeliano, quando in passato, in nome del diritto di difesa, è arrivato a colpire la popolazione civile, ricevendo critiche da tutto il mondo, anche da parte di esponenti del mondo ebraico».
MA SALVINI (DURAMENTE attaccato dai dem per aver ricandidato in Calabria Domenico Furgiuele, sotto processo per turbativa d’asta nell’ambito dell’inchiesta Waterfront) non si placa: « Troppi esponenti del Pd parlano come estremisti islamici: una vergogna che non deve restare senza conseguenze».
Ora in casa Pd si attende con trepidazione la scadenza di domani, quando le liste verranno definitivamente consegnate alle corti d’appello. La speranza è che non escano nuovi post, e che la partita si possa considerare definitivamente chiusa.
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