Ddl Nordio: altro che riforma da fare al più presto, il governo ne ha ritardato la partenza
«Spero che possa essere approvato il più presto possibile», diceva Carlo Nordio del suo disegno di legge quando, dopo averlo annunciato per mesi, riuscì finalmente a farlo approvare dal Consiglio dei ministri. Solo che da allora sono passate tre settimane e mezzo e il disegno di legge neanche è arrivato in parlamento. Altro che «il più presto possibile». La riforma non è nemmeno partita.
Tutti guardano al Quirinale, dove il testo è in attesa della firma del Capo dello stato al quale spetta, come prevede l’articolo 87 della Costituzione, di autorizzare la trasmissione del disegno di legge alle camere. Il ritardo però non è ascrivibile ai dubbi del Colle. È vero, Mattarella è appena tornato dall’America latina, ma com’è ovvio i suoi uffici avrebbero (e hanno) potuto studiare a dovere il testo nel frattempo. Il ritardo è integralmente responsabilità del governo, più precisamente del ministero. Al testo annunciato ormai quasi un mese fa, mancava infatti la copertura economica. Perché per rendere appena un po’ credibile la novità della competenza collegiale sugli arresti cautelari, Nordio aveva dovuto all’ultima curva prevedere l’assunzione di nuovi giudici. Giudici di primo grado, non solo gip, e nel numero limitato di 250 che sulla base dei calcoli fatti dall’Anm non saranno neanche lontanamente sufficienti a coprire l’aggravio di funzioni. Anche perché il rischio che le incompatibilità moltiplicate per tre che la novità comporta finiscano con il bloccare il lavoro dei tribunali non è equamente distribuito. È massimo, anzi è una certezza, nei tribunali medi e piccoli.
Dunque Nordio ha dovuto infilare una previsione di spesa nel disegno di legge, perché si tratta di assumere in organico 250 nuovi magistrati, ma la Ragioneria dello stato ha trovato da ridire sulle coperture economiche che erano state indicate nella relazione tecnica. Da qui la lunga attesa di un testo da porte mandare al Quirinale. Che fa giustizia della presunta volontà riformatrice e dell’auspicio di «fare presto».
Ma anche fosse discussa velocemente, questa non è certo la riforma della giustizia della quale la destra al governo può vantarsi. Si tratta infatti di un intervento limitatissimo, come ha riconosciuto proprio il ministro quando tre settimane e mezzo fa ha fatto il suo annuncio intempestivo. «Una radicale trasformazione del sistema postula una revisione del codice di procedura penale», disse allora. E della Costituzione per la separazione delle carriere. Ma nemmeno si parte.
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento