Il diritto di migrare, rivoluzione mancata
Per terra e per mare Il testo in discussione alla Camera. Troppe ombre nel provvedimento con cui il governo vuole sostituire i decreti sicurezza
Per terra e per mare Il testo in discussione alla Camera. Troppe ombre nel provvedimento con cui il governo vuole sostituire i decreti sicurezza
Il testo del decreto-legge di modifica dei decreti sicurezza contiene sicuramente importanti novità, ma anche molte ombre che fanno ritenere che non si tratti affatto della rivoluzione annunciata.
In primo luogo si stabilisce che la richiesta di permesso di soggiorno può essere rifiutata o il permesso di soggiorno revocato «salvo ricorrano seri motivi derivanti dagli obblighi costituzionali e internazionali dello Stato italiano», nelle intenzioni del legislatore (così si afferma nella relazione) risponderebbe al monito del presidente della Repubblica all’atto della promulgazione del primo decreto sicurezza (D.L. n. 113/2018), ma porrà un grave problema agli interpreti, perché non specifica che tipo di permesso di soggiorno verrebbe rilasciato in questo caso, mentre il vecchio comma 6 prevedeva che il questore rilasciasse un permesso di soggiorno per motivi umanitari.
Nonostante una giurisprudenza consolidata che affermava che la protezione umanitaria era una fattispecie aperta che permetteva di offrire tutela ai diritti fondamentali dello straniero protetti a livello costituzionale e internazionale, il legislatore ha compiuto la scelta di mantenere solo ipotesi tipiche di protezione speciale, che dovrebbero sostituire la vecchia protezione umanitaria, ampliandole in modo certamente condivisibile, ma con il limite della tipizzazione delle situazione cui offrire tutela.
Si pone, quindi il problema del raccordo tra questa tipizzazione e la modifica dell’art 5 comma 6 del Testo unico sull’immigrazione, permanendo la necessità di dare piena attuazione al diritto di asilo costituzionale.
Si ampliano i casi di protezione speciale. Al rischio tortura in caso di rimpatrio è stato aggiunto il rischio di trattamenti inumani e degradanti e si inserisce anche il riferimento all’art 8 Cedu, il diritto al rispetto della vita privata e familiare.
Che ne sarà, però, della necessaria tutela, in ossequio agli obblighi costituzionali e internazionali dell’Italia, di tutte quelle condizioni di vulnerabilità che non sembrano rientrare nella normativa modificata e che sfuggono necessariamente a una tipizzazione, e che ruolo avrà nella possibilità di offrire tale tutela la nuova formulazione dell’art 5 comma 6 del TU sull’immigrazione?
Un esempio che riguarda un numero rilevante di migranti, è l’obbligo scaturente dall’art 14 della Convenzione contro la Tortura di assicurare una riabilitazione completa alle vittime di tortura, soggetti vulnerabili per eccellenza. Pensiamo a tutti coloro che sono stati imprigionati nei centri di detenzione in Libia.
Restano norme di dubbia costituzionalità che erano state soggette a serrate critiche. Non potrò citarle tutte per ragioni di spazio.
Non è stato ripristinato l’appello per i procedimenti relativi al diniego del permesso di soggiorno per casi speciali, ove non c’è nemmeno un procedimento innanzi a un’autorità amministrativa quali le Commissioni Territoriali.
E’ stata abolita la procedura immediata, incompatibile con la direttiva procedure, ma resta immutato l’impianto delle procedure accelerate e l’allargamento dei reati che costituiscono cause di esclusione del riconoscimento dello status di rifugiato o protezione sussidiaria introdotto dal D.L. 113/2018 a fattispecie di scarsa offensività o allarme sociale a fronte dei gravissimi comportamenti e della gravità estrema delle condotte previste dagli strumenti internazionali.
Ciò aveva destato forti perplessità in ordine alla ragionevolezza di tale previsione, e con la nuova normativa la sussistenza di una delle ipotesi di esclusione accertata con condanna anche non definitiva diventa anche una nuova ipotesi di trattenimento nei CPR dei richiedenti asilo e diventa anche motivo di esclusione dal sistema di accoglienza per i titolari di protezione speciale, mentre la semplice denuncia per una di queste ipotesi di reato comporta l’applicazione della procedura accelerata (prima era prevista la procedura immediata).
E’ stato poi inserito un ulteriore autonomo motivo di trattenimento del richiedente asilo nell’ipotesi in cui vi sia stata la presentazione della domanda reiterata di protezione internazionale in fase di esecuzione di un provvedimento di allontanamento (art. 29 bis del D.lgs. n. 25/2008), che sembra essere di applicazione automatica.
Resta la possibilità di revoca della cittadinanza italiana, prevista a seguito della condanna per reati gravissimi, ma che aveva suscitato pesanti critiche da parte dei costituzionalisti per la grave discriminazione operata in base al modo di acquisto della cittadinanza a fronte della configurazione costituzionale dell’istituto, non suscettibile di ogni possibile frammentazione. Non a caso, per risalire storicamente a forme differenziate di cittadinanza, occorre tornare con la memoria alla stagione coloniale italiana.
Si modifica anche il cd. decreto sicurezza bis prevedendo che le operazioni di soccorso siano escluse dalle eventuali limitazioni o divieti di transito nei porti, purché immediatamente comunicate alle autorità e condotte nel rispetto delle direttive del competente centro di coordinamento dei soccorsi in mare. Qui sta la criticità della norma perché lo stato italiano riconosce la zona Sar libica con la conseguenza che per ampi spazi di mare sarebbe competente per il coordinamento dei soccorsi la guardia costiera libica alle cui istruzioni le Ong si dovrebbero attenere.
Insomma, come dicevo all’inizio mi pare che l’impostazione dell’approccio al tema dei migranti e della «sicurezza» non sia mutato nel modo radicale in cui tutti gli operatori del settore si aspettavano.
* Magistratura democratica
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