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Il cuneo del proporzionale nell’orizzonte neoliberista

Il cuneo del proporzionale nell’orizzonte neoliberistaSeggio elettorale – LaPresse

Riforme Il sistema elettorale non può invertire il rapporto di sudditanza della politica rispetto all’economia, ma può aprire una breccia in questa che continuiamo a chiamare democrazia

Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 2 luglio 2021

La comparsa nella discussione politica dell’opzione per un sistema elettorale proporzionale è stata fugace. Ora, non è il sistema elettorale che può capovolgere il destino di una democrazia asfittica, incardinata in una razionalità neoliberista, distante rispetto al suo ideale plurale e conflittuale sancito nella sovranità popolare, ma la rivendicazione del proporzionale costituisce un passo per una inversione di rotta.

Quando parliamo di sistema proporzionale, non basta il nomen iuris – da anni ormai abbiamo falsi sistemi proporzionali -, ma il riferimento è ad un sistema proporzionale puro, pieno, rigoroso, ovvero senza soglie di sbarramento, senza premi di maggioranza e con un riparto dei voti rispettoso della proporzionalità. Un sistema che garantisca l’eguaglianza del voto in entrata e in uscita, mantenendo il potenziale dirompente del suffragio universale, che non a caso i liberali dell’Ottocento si proponevano di disinnescare attraverso una formula maggioritaria.

Si ragiona, cioè, di un sistema, per dirlo con le parole della Corte costituzionale, che non alteri il «circuito democratico definito dalla Costituzione, basato sul principio fondamentale di eguaglianza del voto» (sentenza 1/2014), un circuito che lega rappresentanza, forma di governo parlamentare e sovranità popolare. Con una precisazione: la Corte non aveva ancora di fronte a sé un parlamento dimidiato nella sua composizione a causa della riforma costituzionale che, riducendo i membri, ha – fra l’altro – amplificato gli effetti distorsivi del sistema elettorale attualmente in vigore.

Perché quindi il proporzionale?

PRIMO. Il legame fra uguaglianza, suffragio universale e proporzionalità è un elemento fondamentale della concretizzazione della democrazia, uno dei tasselli che fungono da barriera contro la sua deriva oligarchica. Intendiamoci, il proporzionale non è una pozione taumaturgica in grado di iniettare fiducia e vitalità nella rappresentanza e restituire ai partiti la capacità di proporre organiche visioni del mondo e fungere da intermediazione fra società e istituzioni, ma è coerente con un percorso in questa direzione.

SECONDO. Il tema della democrazia politica è strettamente correlato a quello della democrazia sociale (ed economica), a quella declinazione della democrazia cioè che muove dalle diseguaglianze, dai bisogni delle persone e dagli ostacoli, per rimuoverli, conferendo effettività e sostanza alla democrazia. La democrazia della Costituzione non è indifferente alle diseguaglianze economiche e sociali, le riconosce in un orizzonte emancipativo, e riconosce il conflitto sociale ad esse connesso. Sia chiaro: il conflitto vive nella società, nei luoghi di lavoro, nei movimenti sociali e territoriali, nello spazio dell’autorganizzazione, ma una democrazia non può mancare di garantire la sua espressione anche nel circuito politico-rappresentativo. La formula proporzionale è quella che maggiormente consente l’espressione dei conflitti che attraversano la società, funge da specchio della realtà, veicola a livello politico-istituzionale le dinamiche sociali.

TERZO. La logica del sistema maggioritario ha favorito una convergenza incardinata nell’orizzonte neoliberista: il proporzionale può facilitare l’emergere di forze politiche che ritrovino la via per rappresentare il conflitto sociale non solo dalla parte di chi lo sta vincendo, reprimendo e mistificando; favorendo così quel pluralismo – conflittuale – che è fondante rispetto alla democrazia.

Il sistema elettorale non può invertire il rapporto di sudditanza della politica rispetto all’economia, rompere la cappa della razionalità neoliberista (in fase di ristrutturazione ma più presente che mai), restituire radicamento sociale e visione ai partiti, ma può aprire una breccia nell’asfissia di una democrazia che del suo etimo non ha più quasi nulla, può quantomeno favorire la possibilità che riappaia sulla scena una rappresentanza effettiva. Rivendicare dunque il proporzionale, come un passo nella direzione della democrazia della Costituzione, per invertire la rotta e reagire al TINA (There Is No Alternative); senza illusioni ma anche senza cedere ad un disincanto paralizzante.

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