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Il commiato all’Onu, Biden non pronuncia la parola Palestina

Il presidente Usa Joe Biden saluta dopo il suo ultimo discorso all’Assemblea generale dell’OnuIl presidente Usa Joe Biden saluta dopo il suo ultimo discorso all’Assemblea generale dell’Onu – Ap

Assemblea generale L’ultimo intervento del presidente americano è una summa delle crisi aperte e delle belle intenzioni di risolverle. Erdogan: fermare Netanyahu come fu fermato Hitler. Meloni vede un po’ di ceo (e Zelensky)

Pubblicato 2 giorni faEdizione del 25 settembre 2024

L’Assemblea generale dell’Onu, nel secondo giorno, è entrata nella fase più calda, quella in cui i leader del mondo sfilano sul podio del palazzo di vetro per parlare al mondo.

Le guerre a Gaza, in Ucraina e in Sudan sono i tre punti principali di crisi al centro di un’Assemblea Generale che sembra sconsolatamente impotente.

«Non penso che vedremo progressi in nessuno di questi conflitti», ha affermato Richard Gowan, direttore delle Nazioni Unite presso l’International Crisis Group.

SOLO DIECI giorni fa anche il segretario generale Antonio Guterres ha dichiarato alla Reuters che le guerre a Gaza e in Ucraina sono «bloccate, senza soluzioni pacifiche in vista». In una dichiarazione al Vertice sul Futuro, Guterres ha sottolineato che il problema «è come attuare le dichiarazioni adottate dal Consiglio di sicurezza e che, pur essendo vincolanti, rimangono inascoltate. Ci servono istituzioni forti e riforme, a partire dal Consiglio di sicurezza», ha detto il segretario generale.

Da anni si parla di una riforma del Consiglio di sicurezza che superi il secondo dopoguerra. Non ci sono segni che arriverà a breve.

In Medio Oriente gli sforzi di mediazione da parte di Stati Uniti, Egitto e Qatar devono ancora riuscire a mediare un cessate il fuoco a Gaza e, a nove mesi da quando l’Assemblea generale ha chiesto una tregua umanitaria, la pazienza globale è scemata.

«Come vi fu un’alleanza per fermare Hitler, ora è necessario formare un’alleanza per fermare Netanyahu» ha detto il presidente turco Recep Tayyip Erdogan durante il suo intervento. Il re di Giordania Abdullah II ha dichiarato all’Assemblea generale che la guerra di Israele a Gaza equivale a un attacco alle Nazioni unite, guerra che per il primo ministro del Qatar Mohammed bin Abdulrahman Al Thani è un «genocidio compiuto con le armi più sofisticate contro persone assediate in un campo di detenzione dove non c’è scampo».

Anche Joe Biden nel suo quarto e ultimo discorso all’Assemblea Generale ha parlato di questo mondo in fiamme, cercando di aprire spiragli di speranza.

Prendendo come esempio il caso del Vietnam, «oggi amico e partner», Biden ha affermato che esiste sempre un modo per «andare avanti e uscire anche dai peggiori orrori della guerra». Una «soluzione diplomatica è ancora possibile nel conflitto tra Israele e Hezbollah in Libano», ha detto Biden – in quello stesso momento Israele bombardava il sud del Libano – e sulla guerra di Israele a Gaza «anche se la situazione è degenerata, una soluzione diplomatica è ancora possibile. Anzi, rimane l’unica strada per una sicurezza duratura, per permettere ai residenti di entrambi i paesi di tornare alle loro case e al confine in sicurezza».

BELLE INTENZIONI. La parola Palestina non è stata mai pronunciata. La pronunciò invece Kamala Harris alla convention democratica, provocando l’applauso più lungo di tutto il suo intervento, in un’azione che, per quanto solo simbolica, sembra così difficile da compiere.

In quello che è stato il suo commiato dal massimo palcoscenico internazionale, Biden ha anche sottolineato l’importanza di gestire le relazioni con la Cina per evitare che le tensioni degenerino in ulteriori conflitti («Vigileremo», ha detto).

PER USCIRE da questo ginepraio di conflitti Biden ha parlato della necessità di un Onu più forte e inclusiva, sostenendo le riforme all’interno delle Nazioni unite, e l’espansione del Consiglio di sicurezza per riflettere meglio le realtà globali contemporanee – ma senza nessun nuovo venuto con diritto di veto.

Mossa, questa, che non piace alla premier Giorgia Meloni, timorosa che si possa creare un’Onu a due velocità da cui l’Italia sarebbe esclusa, rovinando il suo piano di costruirsi una credibilità internazionale come leader di riferimento della destra globale: ci sta molto lavorando, ieri ha incrociato il leader ucraino Zelensky e visto i ceo di Google, Motorola e Open Ai.

Sia Netanyahu – che da tempo accusa l’Onu di essere anti-israeliane – che Mahmoud Abbas parleranno questa settimana, Zelensky salirá sul podio oggi.

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