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Il Canada brucia, disperse nell’aria 290 milioni di tonnellate di carbonio

Il Canada brucia, disperse nell’aria  290 milioni di tonnellate di carbonioIntervento dei pompieri a Kamloops, British Columbia, Canada – Ap

Clima Il rapporto del servizio di monitoraggio Copernicus. L’anno nero nell’emisfero nord, incendi fino al Circolo polare artico 

Pubblicato più di un anno faEdizione del 4 agosto 2023

Dall’Europa all’America, il 2023 è un altro anno orribile per gli incendi. L’epicentro della crisi è nelle sterminate foreste canadesi. Secondo il Canadian Interagency Forest Fire Centre, alla fine del mese di luglio erano bruciati oltre 120 mila chilometri quadrati, quasi il doppio di quanto andò a fuoco nell’intero 1995, l’anno del record negativo (71 mila chilometri quadrati).
Secondo il rapporto di Copernicus, finora sono finite in atmosfera a causa dei fuochi canadesi 290 milioni di tonnellate di carbonio, quasi sei volte più della media a questo punto dell’anno del periodo 2003-2022. È all’incirca la stessa quantità di carbonio emessa dall’intera Italia in un anno e non aiuterà a tenere sotto controllo il riscaldamento globale. Il fumo canadese è arrivato fino alla costa atlantica degli Usa: molti ricorderanno le immagini apocalittiche che ritraevano la nube che ha avvolto New York e altre metropoli a giugno. Ma le polveri sono arrivate persino in Nordeuropa, anche se secondo gli esperti non dovrebbero aver avuto conseguenze per la salute della popolazione. In Canada gli incendi continuano anche in questi giorni e ora coinvolgono soprattutto l’ovest del Paese fino al Circolo polare artico.

I climatologi sono solitamente cauti nell’attribuire singoli fenomeni come gli incendi stagionali a tendenze climatiche di lungo periodo. Ma è impossibile escludere che il riscaldamento globale abbia giocato un ruolo nella devastazione. «Il tempo caldo e secco ha creato condizioni favorevoli per le dimensioni record degli incendi del 2023 in Canada» spiegano gli esperti di Copernicus. «Il cambiamento climatico rende più frequenti queste condizioni e aumenta la probabilità di una stagione di incendi prolungata. Anche l’arrivo di El Niño (il riscaldamento periodico del Pacifico che modifica venti e precipitazioni e conduce a un clima più caldo nel Nordamerica, ndr), che secondo l’Organizzazione mondiale di meteorologia si è instaurato all’inizio di luglio, potrebbe aver contribuito, in special modo nelle aree settentrionali del Paese». A questo si aggiunga che «le temperature dell’aria nell’Artico stanno aumentando più velocemente rispetto alla media globale, e questo potrebbe favorire l’infiammabilità e l’aumento di attività degli incendi». Il riscaldamento globale, che a sua volta favorisce gli incendi e l’aumento delle emissioni, è uno dei circoli viziosi più temuti dai climatologi.

Anche nel Mediterraneo la temperatura cresce più velocemente della media. Tuttavia l’aumento degli incendi non è un destino ineluttabile. Italia, Grecia e Francia fanno segnare i record negativi e nel 2023 hanno già visto bruciare più chilometri quadrati di quanto avvenga in media in dodici mesi. Ma ci sono anche Paesi che tengono sotto controllo le fiamme. Il Portogallo, abituato a incendi che devastano ogni anno l’1% della sua superficie, finora nel 2023 ha limitato i danni lasciando al fuoco solo lo 0,09% del territorio. Nel Mediterraneo sono decisamente sotto la media anche Croazia e Cipro, dove finora è bruciato solo un sesto della superficie media annua persa per gli incendi. Segno che le strategie efficaci di prevenzione esistono.

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