Si accarezzano le pulsioni virili ed autoritarie della destra estrema. Ma non mettiamoci il paraocchi. In parallelo si attenuano i toni antieuropei, si accentua l’atlantismo filo Usa, si assumono toni più responsabili sui temi del bilancio. Cosa significa questo mix? Vedremo meglio col tempo, ma probabilmente sì cercherà di dare una consistenza politica e culturale, una sorta di nuova identità allo schieramento conservatore.

Dopo la fase del liberismo all’italiana e quella del populismo d’accatto arriva al governo una professionista della politica, nata e cresciuta nella destra storica, che ha messo all’angolo gli alleati prendendo decisamente il comando dello schieramento e che gode di una maggioranza parlamentare consistente.

Non è da escludere, allora, che questo fronte, così fortemente ristrutturato al suo interno abbia davanti a sé una vita non breve e possa, perciò, porsi obiettivi ambiziosi di medio – lungo termine. Anche perché, sul versante opposto, siamo ben lontani da un rinnovamento-rafforzamento dei soggetti politici. Intendiamoci: non siamo di fronte ad una ondata di consensi al fronte conservatore e ad un drastico ridimensionamento dei progressisti. Siamo di fronte a due schieramenti, quantitativamente non dissimili, ma uno di essi ha il vento in poppa, mentre l’altro è allo sbando ed ha perso la bussola.

Finora ci si è attardati su una spiegazione di questa divaricazione: la destra ha saputo unirsi e sfruttare la legge elettorale, il centro sinistra no. Tutto vero. Quasi però. Il problema è capire perché questo è accaduto, dove e perché si è sbagliato e come agire perché questa situazione non si protragga a lungo.
Penso sia giunto il momento di ammettere, a malincuore, che l’idea del campo largo sia stata una vera e propria illusione. Una scorciatoia nata dalla speranza di affrontare al meglio un confronto elettorale improvviso per il quale non eravamo preparati. Pensare di mettere insieme un Pd in parte piccolissima amico del M5S ed in maggioranza nemico ed un M5S in parte figlio dell’antipolitica e che vedeva nel Pd il simbolo dell’establishment ed era nel pieno di una mutazione genetica appena avviata, è stata una speranza. Nella quale, adesso è evidente, non credeva nessuno.

Il fronte conservatore ha articolazioni e differenze, ma ha un tessuto connettivo che nei momenti importanti prevale. E non solo per logiche di potere, ma perché il paese è impregnato di valori, culture, interessi radicati e diffusi. Oltre che di mezzi e strumenti di formazione di opinioni e di senso comune.
Quello che oggi chiamiamo fronte progressista, invece, è altra cosa. Siamo lontanissimi dai tempi della vecchia grande sinistra, articolata, ma consistente, ed anche dalla fase dell’illusione neocapitalista e della globalizzazione come orizzonte di emancipazione del mondo e di riduzione della disuguaglianze. E siamo lontani anche dall’ondata del progressismo ulivista che voleva unire le speranze migliori della cultura di sinistra e di quella cattolica, ma che è stata gestita con la visione burocratica e di potere di una vecchia classe politica. Un fronte progressista all’altezza della attuale fase competitiva non c’era e non c’è. E da qui che dovremmo ripartire.

Ho avuto modo di accennare ad un fronte articolato perlomeno in due soggetti rinnovati intorno ai due pilastri del Pd e del nuovo M5s. Ma anche questa sarebbe una scorciatoia. Come lo è la corsa al congresso del Pd con il rito stanco delle primarie. Invece, forse, dovremmo invertire l’ordine delle azioni.
Partire dall’opposizione, praticarla ed articolarla nei gangli vitali della società, nei luoghi di produzione dei beni, della ricerca, del pensiero, in quelli di vita e di svago, in quelli troppo affollati e nelle aree abbandonate, in quelli del disagio giovanile, del degrado e dell’abbandono, delle solitudini e delle paure….

Un lunghissimo elenco di luoghi di riorganizzazione e di costruzione di una ripartenza collettiva. Da frequentare insieme e da vivere nelle e con le tante diversità. Dentro una visione generale tutta da ricostruire sui grandi temi del clima e della pace che dovrebbero essere gli assi portanti di un nuovo e moderno arco progressista.

Compito difficilissimo – in uno scenario globale di guerra e riarmo, di potenziali nuovi conflitti mondiali, di ridefinizione di confini e sfere di influenza – mettere insieme il tutto, l’emergenza dell’oggi ed il futuro, ritrovare la bussola. Si, difficilissimo. Ma nel mondo ci sono realtà più difficili e persone straordinarie che trovano la forza di rialzarsi.