«Il calcio ci ascolti»
La Federazione calcistica palestinese chiede alla Fifa di bandire la nazionale israeliana, ieri sera in campo contro gli azzurri. Intervista alla portavoce della Pfa Dima Said: «Le azioni di boicottaggio come la nostra sono forme legittime e democratiche di protesta pacifica volte ad affrontare le ingiustizie e promuovere il cambiamento»
La Federazione calcistica palestinese chiede alla Fifa di bandire la nazionale israeliana, ieri sera in campo contro gli azzurri. Intervista alla portavoce della Pfa Dima Said: «Le azioni di boicottaggio come la nostra sono forme legittime e democratiche di protesta pacifica volte ad affrontare le ingiustizie e promuovere il cambiamento»
Escludere la Federazione Calcistica Israeliana (Ifa) da qualsiasi competizione fino a quando il governo di Tel Aviv non metterà fine al genocidio in corso in Palestina. È questa la richiesta avanzata già nel marzo scorso dalla Federazione calcistica palestinese (Pfa) al Consiglio della Federazione internazionale (Fifa) che ha rinviato la decisione a ottobre. Rinvio che nella prospettiva della Fifa serve probabilmente ad affievolire la solidarietà nei confronti della Palestina.
Dramma nel dramma, la guerra di Israele a Gaza insieme alle decine di migliaia di morti e feriti e alla distruzione generale, ha devastato lo sport e il calcio palestinese. A Gaza tutte le infrastrutture calcistiche sono state gravemente danneggiate o interamente rase al suolo; gli stadi, le hall e le sedi dei club sono stati presi di mira e distrutti – 41 nella Striscia di Gaza e 7 in Cisgiordania. Lo stadio Yarmouk di Gaza è stato utilizzato come centro di detenzione/campo di concentramento temporaneo dove i civili, tra cui ragazzini di 10 anni e uomini anziani, sono stati denudati, umiliati in mutande e bendati. A oggi, sono stati uccisi 231 calciatori, tra cui 66 bambini dell’accademia di calcio.
Ne abbiamo parlato con Dima Said, ex calciatrice della nazionale femminile palestinese ed attuale portavoce ufficiale della Pfa.
Chiedete alla Fifa di bandire completamente il calcio israeliano, non avete paura di essere criticati da chi pensa che sport e politica debbano rimanere separati?
La nostra richiesta trae spunto dalle azioni illegali messe in atto dalla Ifa che abbiamo opportunamente documentato. Chiediamo inoltre il rispetto dell’integrità territoriale ovvero la cessazione delle attività dell’Ifa in Cisgiordania. Vogliamo dare risalto alla governance sportiva e alla tutela dei diritti secondo quelle che sono le normative internazionali. Le violazioni della governance richiedono il coinvolgimento della Fifa, come ci dimostrano i precedenti riguardanti la Jugoslavia e il Sudafrica dell’apartheid.
La vostra richiesta è nota da mesi e se ne è discusso tanto sia in ambienti legati allo sport sia in ambienti più “politici”. Com’è stata accolta nel mondo del calcio e cosa può rappresentare la solidarietà per tutta la Palestina in un momento come questo?
La risposta è stata generalmente positiva, soprattutto tra quelle federazioni che danno priorità al rispetto dei diritti umani e al fair play. Tutte le discussioni fatte hanno evidenziato la necessità che la Fifa affronti le intersezioni tra governance sportiva e questioni politiche e di diritti umani. Abbiamo ottenuto un sostegno significativo, in particolare da dodici Federazioni calcistiche del Medio Oriente, tra cui quella del Qatar, dell’Arabia Saudita e degli Emirati Arabi Uniti. La nostra è un’iniziativa per spingere la Fifa a prendere posizione contro le azioni di Israele. Siamo ottimisti che la Fifa non verrà meno alle sue responsabilità e cercherà una giusta risoluzione in linea con i suoi principi e regolamenti.
Credete che azioni di boicottaggio come la vostra possano aiutare ad arrivare a un cessate il fuoco definitivo? E in quest’ottica quale ruolo pensa debbano avere sport e calcio?
Le azioni di boicottaggio, come la nostra, sono forme legittime e democratiche di protesta pacifica volte ad affrontare le ingiustizie e promuovere il cambiamento. Sebbene possano non portare direttamente a un cessate il fuoco o a una risoluzione politica, servono a diversi scopi importanti. Esercitare pressione internazionale, ad esempio, va nella direzione di sollecitare le parti in conflitto a riconsiderare le loro azioni e a perseguire risoluzioni pacifiche. Questa pressione può influenzare i decisori e gli organismi internazionali a dare priorità al dialogo rispetto alla violenza. Le azioni di boicottaggio, in generale, evidenziano l’impatto umanitario dei conflitti e ottengono solidarietà a livello mondiale da parte di individui, organizzazioni e governi mentre la partecipazione alle azioni di boicottaggio mostra solidarietà con le popolazioni colpite e sottolinea un impegno per la dignità umana, la giustizia e l’uguaglianza.
Quando è a rischio l’esistenza stessa delle persone, perché un gioco come il calcio può essere importante? Non è, come qualcuno pensa, un lusso da lasciare da parte per concentrarsi su bisogni primari?
In tempi di crisi e conflitto, lo sport, incluso il calcio, svolge un ruolo cruciale che va oltre la semplice ricreazione e competizione. Agisce come potente simbolo di resilienza e unità, riunendo le comunità e promuovendo la solidarietà tra persone di diverse origini. Lo sport fornisce una piattaforma neutrale per il dialogo e la comprensione, promuovendo il rispetto reciproco, la tolleranza e l’empatia – elementi essenziali per la convivenza pacifica e la riconciliazione. Inoltre, il calcio internazionale può amplificare l’advocacy per i diritti umani e la giustizia, aumentando la consapevolezza sulle crisi umanitarie e mobilitando la solidarietà globale. Nonostante le priorità immediate di soddisfare i bisogni fondamentali durante “crisi” come un genocidio, lo sport completa questi sforzi affrontando gli aspetti psicologici, sociali ed emotivi del benessere umano. Rafforza valori universali come equità, rispetto e inclusione, cruciali per costruire società resilienti e pacifiche.
Ieri la nazionale di calcio italiana ha giocato contro la nazionale israeliana in Nations League, il cui ritorno è previsto il 14 ottobre a Udine. Cosa vuole dire alla Federazione italiana, al Coni, ma anche a tutti i tifosi italiani?
Facciamo appello alla Figc e ai tifosi italiani affinché riconoscano la sensibilità di partite come queste. Crediamo nel potere dello sport di promuovere pace e comprensione, ma gli eventi sportivi non dovrebbero svolgersi isolatamente dai contesti politici e di diritti umani più ampi. Incoraggiamo la Figc, il Coni e i tifosi italiani ad affrontare queste partite con una comprensione accurata di tali complessità in tutte le sue sfumature. Il dialogo continuo e l’impegno sono essenziali per promuovere rispetto reciproco, uguaglianza e giustizia per tutti. Il nostro obiettivo è creare un ambiente sportivo in cui equità, inclusività e dignità umana siano rispettate sia dentro che fuori dal campo.
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