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Il banco vince sempre. Tutti con Netanyahu: il dialogo non serve

I volti dei quattro ostaggi israeliani liberati ieri foto ApI volti dei quattro ostaggi israeliani liberati ieri – Ap

Patto di sangue Gantz pospone le dimissioni, le opposizioni plaudono all'operazione «eroica». Ma con la tregua furono rilasciati 105 ostaggi. Dai leader europei nessuna menzione della carneficina. E gli Usa parlano di «successo»

Pubblicato 4 mesi faEdizione del 9 giugno 2024

Il miglior analista della strategia di Netanyahu è Netanyahu. «Abbiamo dimostrato che Israele non si arrende al terrorismo e agisce con una creatività e un’audacia che non conoscono confini per portare a casa i nostri ostaggi», ha detto a commento dell’operazione «Semi d’estate» con cui esercito, polizia e servizi israeliani hanno liberato quattro ostaggi.

UN’OPERAZIONE pianificata da settimane eppure per nulla chirurgica. Né creativa o audace: è stata un massacro di civili palestinesi, il bombardamento a tappeto del campo di Nuseirat, le case, il mercato, il quartiere intorno all’ospedale, mentre le truppe di terra entravano nascoste dentro finti camion di aiuti umanitari.

Ha ragione Netanyahu: la sua audacia non conosce confini. Nei giorni in cui più forti sono le pressioni internazionali e interne affinché accetti un accordo con Hamas, la sanguinosa operazione di Nuseirat lo aiuta a puntellare la sua narrazione: non servono accordi, la soluzione è militare.

Poco importa che in nove mesi gli ostaggi liberati in questo modo siano sette (contro i 105 rilasciati con la tregua di novembre), al costo di centinaia di palestinesi «sacrificabili»: ieri si sono stretti tutti intorno al premier, volenti o nolenti.

Il Forum delle famiglie degli ostaggi, il più insistente nel chiedere il negoziato, ha definito «eroica» l’operazione e ha chiesto alla comunità internazionale di fare «pressione su Hamas per accettare l’accordo proposto». Non indicano quale, se quello presentato la scorsa settimana da Joe Biden o quello di Netanyahu, che a leggere i leak sulla stampa non coincidono.

C’è chi protesta: ieri come ogni sabato a migliaia si sono ritrovati a Tel Aviv e Haifa per chiedere l’accordo con Hamas. Benny Gantz, da parte sua, ha cancellato la conferenza stampa prevista per oggi nella quale avrebbe dovuto annunciare le dimissioni dal gabinetto di guerra. Indicato da molti come l’uomo su cui Biden punta il futuro Netanyahu-free di Israele, ha rimesso l’asso nella manica. Resta perché – dice il suo entourage – la liberazione dei quattro ostaggi è uno sviluppo abbastanza significativo da posporre la sua protesta. Se ne riparla tra qualche giorno.

L’ALTRO «rivale» di Bibi, Yoav Gallant (il ministro della difesa che con il premier condivide la richiesta di mandato d’arresto della procura della Corte penale internazionale ma che insiste per un futuro demilitarizzato di Gaza), ha celebrato quella che chiama l’operazione più eroica di tutti i suoi anni nell’esercito. Plausi dalle opposizioni: Yair Lapid esprime «incredibile eccitazione» per il salvataggio.

Nessuno mette in dubbio le modalità, allineati alla strategia del premier dalle sette vite che guadagna tempo: solo la forza porta alla vittoria, a qualsiasi prezzo, tanto lo pagano i palestinesi. È quanto si leggeva ieri in molti giornali israeliani: «L’operazione dimostra che Israele è capace di liberare gli ostaggi – scrive il Jerusalem Post – Nei giorni precedenti Israele veniva pressato perché accettasse il cessate il fuoco».

Nella comprensibile gioia e nel sollievo per il ritorno a casa di quattro persone, il riferimento al negoziato, rimasto lì, appeso, è narrato in negativo con Hamas che ieri intanto diceva di leggere nella strage a Gaza un modo per fare pressione sul movimento perché accetti un accordo che ritiene al ribasso, senza garanzie.

IL NEGOZIATO lo citano i leader europei che ieri hanno espresso soddisfazione per la liberazione, il francese Macron e il tedesco Scholz («segnale di speranza», dice). Manca la carneficina di Nuseirat, la condanna solo il rappresentante Ue agli esteri Borrell.

Manca anche dalle parole della Casa bianca, che – secondo Axios e video girati sul posto – ha partecipato all’operazione pochi giorni dopo essersi esposta come mai prima per il cessate il fuoco. Il consigliere alla sicurezza nazionale Sullivan ha descritto l’operazione come «un successo» perché gli Usa sostengono tutti gli sforzi di Israele che sia «attraverso il negoziato o con altri mezzi».

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