I sanderistas: uniti anche se «enough is enough»
Sanderistas Slogan pro Bernie e cartelli inneggianti a Jill Stein, leader del partito dei Verdi, e a Julian Assange di Wikileaks
Sanderistas Slogan pro Bernie e cartelli inneggianti a Jill Stein, leader del partito dei Verdi, e a Julian Assange di Wikileaks
L’ultimo giorno di convention ha visto un sistema di sicurezza più in forze di quello dei giorni precedenti.
Dopo 4 giorni di fila di cortei, comizi e proteste, per questa quinta giornata il messaggio è stato chiaro: niente deve turbare le ultime ore, dopo di che sarà «missione compiuta» per tutti.
Durante la notte precedente le proteste fuori i cancelli della convention erano diventate più fisiche e più ambiziose e anche nell’ultima giornata centinaia di manifestanti vi si sono radunati nonostante la pioggia, il caldo e l’umidità. Il confronto con la polizia c’è stato ma fino alla durata della convention non ci sono stati arresti o tanto meno cariche.
Anche all’interno della convention e nell’arena le polemiche fino all’ultimo non si sono placate.
Qualche centinaio di delegati di Sanders, della fazione più radicale, ha indossato una maglietta fosforescente gialla con la scritta «Enough is Enough»: «È una delle frasi che ha ripetuto spesso Sanders durante le primarie – spiega Randy Ra Shaf Frazier-Gaines, afro-americano, delegato di Sanders del Maryland – con questa maglietta visibile vogliamo segnalare che noi non siamo d’accordo con la linea dettata, anche se a dettarla è stato Sanders. Non siamo bambini a cui si dice cosa si deve o non si deve fare». Le magliette fosforescenti sono state visibili durante tutto il discorso di Hillary Clinton, si sono sentiti anche slogan pro Sanders e si sono visti cartelli inneggianti a Jill Stein, leader del partito dei Verdi, e a Wikileaks.
Durante il discorso di Clinton, Wikileaks ha twittato messaggi di solidarietà verso i manifestanti anti Hillary, contro la quale Julian Assange ha ingaggiato una vera e propria battaglia personale. Wikileaks è stata a lungo una spina nel fianco della ex segretario di Stato, tanto da farle chiedere al presidente Obama di perseguire il sito, dopo il suo scoop sul Dipartimento di Stato del 2010.
È comprensibile che Assange tema per il proprio futuro, in caso di vittoria di Clinton, visto che l’elezione del nuovo presidente americano avverrà a una distanza ravvicinata con quello dell’Ecuador: per diversi motivi, dunque, la la sua stessa permanenza nell’ambasciata ecuadoriana a Londra è in pericolo.
Al di là delle contestazioni, gli elementi unificatori della giornata non sono mancati, e sarà il punto principale da oggi in poi; cercare di tenere insieme questo partito ed allargarne i confini.
Uno di questi elementi è stato il reverendo William Barber, presidente dell’associazione per i diritti civili Naacp del North Carolina, attivista decisamente liberal, che ha fatto uno degli interventi più radicali della giornata, e che pur endorsando Hillary non ha ricevuto fischi, come, invece, è capitato a molti altri oratori.
Il reverendo è stato in grado di mettere d’accordo tutte le anime che compongono ora il partito democratico. «Alcuni temi non sono più questione di sinistra contro destra, liberal contro conservatori, alcuni temi sono giusto contro sbagliato – ha detto Barber – Quando la religione è usata per camuffare la meschinità, allora sappiamo di avere un problema cardiaco in America: siate il defibrillatore di questo Paese». Barber ha terminato con «halleluja» un discorso tonante con cui ha dato un vigoroso endorsement ad Hillary e si è rivolto, nominandoli uno per uno, ad ogni credo, includendo anche «coloro che non hanno una religione».
Questo è un altro degli elementi di novità di questa convention.
Per un Paese che termina ogni discorso con una richiesta di benedizione da parte di Dio, che anche sulle banconote ricorda che tutti credono in Dio, rivolgersi direttamente agli atei è una rivoluzione in sé, e per le strade di Filadelfia sono comparsi cartelloni con lo slogan «Sono ateo e voto», mostrando che anche in materia di religione in questo momento le differenze, anche le più profonde, devono essere superate per far fronte comune contro il nemico.
Il tema dell’unità è stato uno dei principali di tutta la convention, durante la quale venivano distribuiti i cartelli Toghether, Insieme, tema principale del discorso conclusivo di Clinton, e lo sarà ancora per la campagna elettorale.
Entrambi i partiti si sono ritrovati spaccati, ma questa frattura, nel partito democratico, appare come una frattura dialettica, con toni anche aspri ma è chiaro a tutti che ci sarà bisogno di continuare anche a litigare e che la rivoluzione politica innescata da Sanders non è cancellabile.
Domani Clinton ed il suo vice presidente cominceranno la campagna elettorale vera e propria, partendo da Filadelfia dove faranno il primo comizio da candidati ufficialmente nominati, per poi continuare in Virginia ed in Ohio, non mancheranno le contestazioni interne, ma bisognerà anche affrontare i colpi completamente diversi che arriveranno da Trump.
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