I rubinetti dell’acqua della Crimea chiusi dal 2014 dai governi di Kiev
Ucraina, sul filo del rasoio Nella crisi un bene comune viene usato come arma impropria
Ucraina, sul filo del rasoio Nella crisi un bene comune viene usato come arma impropria
Pochi parlano della crisi idrica in Crimea come possibile causa delle minacce russe all’Ucraina, ma dal 2014, anno di occupazione e poi dell’annessione da parte della Russia, la fornitura d’acqua da parte dell’Ucraina alla penisola che si affaccia sul Mar Nero è diventata un’arma di ricatto verso gli occupanti. La Crimea è un territorio arido che dipendeva fino al 2014 dall’acqua convogliata dal fiume Dnipro per mezzo del Canale del Nord. Dopo l’annessione, l’Ucraina ha bloccato il flusso e, nel 2017, ha costruito una diga nella provincia meridionale di Kherson.
La mancanza di acqua irrigua ha messo in ginocchio l’agricoltura. In un articolo della rivista on-line Il Caffè Geopolitico, il 5 maggio 2020, l’analista Oksana Ivakhiv, ucraina di nascita e italiana di adozione, si interrogava sulla possibilità che la crisi idrica della Crimea potesse «comportare un cambiamento geopolitico».
Il presidente ucraino Zelensky sembrerebbe più disponibile di chi l’ha preceduto a stipulare un accordo di vendita dell’acqua con la Federazione russa, soprattutto per i proventi economici che ne deriverebbero, ma la riapertura del Canale del Nord verrebbe considerata da alcuni politici e dall’opinione pubblica ucraina come una resa e come riconoscimento di fatto dell’annessione, sollevando i governi occidentali dalla necessità di mantenere le sanzioni economiche contro Mosca. Non solo il gas, dunque, ma anche l’acqua è da considerare tra le cause delle tensioni tra Mosca e Kiev; se ne parla poco o nulla perché il problema non ci tocca direttamente, dimenticando quanto sia universale.
Correva l’anno 2019 quando Federica Mogherini, che allora rivestiva il ruolo di Alta rappresentante dell’Unione europea per gli Affari esteri e la politica di sicurezza e Vicepresidente della Commissione europea, si dichiarava «fortemente contraria all’uso dell’acqua come arma da guerra» garantendo l’azione internazionale «instancabile» di Bruxelles nella prevenzione e nella soluzione dei conflitti. Viene da chiedersi se Bruxelles abbia dimenticato la promessa fatta.
D’altra parte il problema non è solo europeo ma globale e da molti anni il Contratto Mondiale per l’Acqua ha proposto di creare un’Autorità Mondiale sull’acqua che prevenga e dirima i conflitti per evitare che l’acqua, bene comune, diventi una merce o, peggio, un’arma impropria.
* Comitato milanese Acqua Pubblica
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