I popolari europei cambiano natura
Negli ultimi mesi si sta combattendo in Europa una vera e propria battaglia sull’ambiente. Dopo il via libera del Consiglio Europeo, l’Europarlamento è impegnato nella discussione sulla Legge sul ripristino della natura (Nature Restoration Law) proposta dalla Commissione Europea nel giugno del 2022. Si tratta di un Regolamento che ha l’obiettivo di ripristinare il 20% degli ecosistemi degradati in Europa entro il 2030 e il 100% entro il 2050. La proposta nasce nell’ambito del Green deal, strumento determinante per conseguire in Europa quella transizione ecologica fondamentale per il benessere della nostra specie sul Pianeta.
La forte accelerazione dei sistemi di produzione e consumo ha determinato un significativo impatto sul funzionamento della biosfera: l’umanità non solo ha raddoppiato la concentrazione di CO2 in atmosfera rispetto ai valori preindustriali, ma ha seriamente degradato il 75% degli ecosistemi terrestri e il 66% di quelli marini.
Crisi climatica e perdita di biodiversità sono intrinsecamente collegati e non è possibile fermare il cambiamento climatico senza il corretto funzionamento dei sistemi naturali. Oceani, foreste, suolo, acque dolci e salmastre svolgono un ruolo determinante nell’assorbire i gas serra, ridurre gli impatti degli eventi climatici estremi, aumentare la nostra sicurezza sul territorio. Senza considerare che dalla natura dipendono la nostra salute e la possibilità di avere acqua potabile e cibo.
CONTRASTARE IL CAMBIAMENTO CLIMATICO e la perdita di biodiversità richiede il superamento di un’economia fondata sull’utilizzo insostenibile delle risorse naturali. È necessario un modello economico di ricostruzione verde, un vero e proprio Green Deal che, come il famoso New Deal rooseveltiano, abbia effetti positivi anche sul mondo del lavoro, riducendo gli enormi danni legati alla catastrofe climatica. Contro la legge sul ripristino della natura si è scatenata una battaglia portata avanti principalmente dalla lobby dell’agrindustria, legata alla produzione di pesticidi e agli allevamenti intensivi, che sta influenzando l’orientamento dei gruppi politici all’Europarlamento. In particolare il Partito Popolare Europeo, che in precedenza aveva appoggiato la Nature Restoration Law quale pilastro del Green Deal proposto dall’attuale Commissione europea, attraverso il proprio capogruppo Manfred Weber sta contrastando il lavoro della Commissione di cui il Ppe è parte fondamentale. In realtà sulla nostra pelle si sta giocando una partita che nulla ha a che fare con la natura: le scelte del Ppe vanno anche lette nell’ottica di un tentativo di un cambio di maggioranza nel prossimo Europarlamento, superando la storica maggioranza Popolari/Socialisti a favore di una nuova Popolari/Conservatori.
FUORI DA QUESTI GIOCHI POLITICI, il mondo della scienza spinge invece per l’approvazione della Legge: un manifesto firmato da 3.300 scienziati dimostra che ripristinare gli ecosistemi è un’azione fondamentale per tutelare l’ambiente, ma anche un’attività economicamente vantaggiosa: contrariamente a quanto affermato da chi vuole affossarla, l’applicazione della legge porterà benefici dodici volte superiori al suo costo, contribuendo in maniera determinante ad accrescere la capacità di assorbimento di CO2, aumentare la resilienza dei territori alle alluvioni, ridurre il rischio di incendi e gli effetti delle ondate di caldo in ambienti urbani, contrastare siccità, erosione e desertificazione, diminuire l’uso di pesticidi e fertilizzanti nei campi.
Ma rafforzare la natura faciliterà anche la resilienza degli agricoltori che già oggi subiscono gli impatti negativi della crisi climatica e della perdita di biodiversità: per garantire la sicurezza alimentare nel lungo periodo sono necessari ecosistemi sani, basilari per avere servizi ecosistemici fondamentali, come l’impollinazione, da cui dipendono i sistemi alimentari.
NON È UN CASO CHE ANCHE UNA LARGA PARTE del mondo delle imprese si è schierata per l’approvazione della Legge. Oltre 90 grandi Aziende dei più svariati settori, ricordando che «siamo tutti azionisti della natura», hanno sottoscritto due appelli in cui chiedono l’adozione urgente di una legge «ambiziosa e vincolante per riportare la natura in Europa», mettendo anche in guardia sulle conseguenze economiche di una sua bocciatura. Del resto, le analisi dimostrano che il ripristino della natura avrà un impatto positivo sull’economia: il declino della biodiversità e gli effetti del cambiamento climatico causano perdite economiche stimate intorno ai 12 miliardi di euro annui, mentre i benefici economici della Rete Natura 2000 – il sistema di aree protette attraverso cui l’Unione Europea tutela la sua biodiversità – sono stati valutati tra i 200 e i 300 miliardi di euro annui e circa 4,4 milioni di posti di lavoro dipendono dal mantenimento di ecosistemi sani.
ALLA LUCE DI TUTTO QUESTO È INSPIEGABILE la posizione assunta dal governo italiano attraverso il ministro dell’Ambiente Pichetto Fratin: in sede di voto al Consiglio Europeo quello italiano, nonostante il nostro sia uno dei Paesi a più alta biodiversità di tutta l’Europa, è stato uno dei pochi governi a votare contro la Nature Restoration Law: una scelta politico-ideologica che contrasta con gli interessi stessi del nostro Paese. Il ripristino degli ecosistemi avrebbe infatti gli impatti particolarmente positivi per l’Italia che è molto fragile dal punto di vista idrogeologico a causa di una scellerata gestione del territorio e di un consumo di suolo senza pari in Europa. Allo stesso modo facilitare il regolare scorrimento dei fiumi eliminando infrastrutture obsolete e ricostituendo gli alvei originali renderebbe il territorio più sicuro in caso di alluvioni, mentre la ricostituzione delle zone umide consentirebbe di mitigare gli impatti negativi degli eventi meteorici estremi, garantendo anche la funzione di depurazione delle acque che contribuisce a ridurre il carico di composti azotati derivanti dalle attività agricole. Il ripristino degli ecosistemi marini avrebbe poi degli impatti positivi persino sulla produttività ittica.
Ovviamente sarà necessario prevedere nuovi meccanismi di sostegno, a partire dalla creazione di un Fondo dedicato al ripristino della natura, ma già oggi esistono diversi strumenti europei per sostenere i progetti di restoration: il solo programma Life ha cofinanziato più di 5.500 progetti muovendo oltre 12 miliardi di euro e l’Italia è stata tra i Paesi che ne ha maggiormente beneficiato.
ORA È TUTTO NELLE MANI degli europarlamentari: da come voteranno nell’assemblea plenaria di Strasburgo del 12 luglio prossimo dipenderà se la natura continuerà a degradarsi o se, grazie alla Nature Restoration Law, si proverà finalmente a rimediare ai danni arrecati al nostro capitale naturale, indispensabile per lo sviluppo sostenibile in Europa come nel resto del Pianeta. Il voto del 12 luglio sarà quindi un indicatore della reale volontà dei gruppi politici di trovare soluzioni efficaci per contrastare la perdita di natura e il cambiamento climatico: è su questo che la classe politica dovrà essere valutata dai cittadini nelle elezioni europee del 2024.
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