«I fondi Ue sono finiti al carbone ora la Germania cambi strada»
Intervista La tedesca Cornelia Ernst, eurodeputata Linke. «Il governo ha usato gran parte dei 17,5 miliardi di euro del Just Transition Fund per i Land carboniferi»
Intervista La tedesca Cornelia Ernst, eurodeputata Linke. «Il governo ha usato gran parte dei 17,5 miliardi di euro del Just Transition Fund per i Land carboniferi»
Il costo morale del nucleare sulle future generazioni e il prezzo dell’uscita dal carbone per i Land minatori. Il ritorno dell’Austerity dei liberal e la gestazione per far rinascere la Linke nel nuovo corpo social-ecologista. Fino al modello Tesla combattuto dai sindacati tedeschi in lotta per contrattare il salario dell’era elettrica.
Cornelia Ernst, classe 1956, eurodeputata della Linke, è la politica più rappresentativa della sinistra tedesca a Bruxelles, non fosse altro perché gli elettori l’hanno confermata al terzo mandato consecutivo. Riassume al manifesto tutti i nodi della transizione ecologica e politica appesa al futuro annunciato ma ancora tutto da scrivere.
Le due co-segretarie della Linke hanno ribadito all’Ue che l’uscita dal nucleare della Germania è irreversibile. Chi pagherà i costi? Le imprese che hanno gestito le centrali con milioni di profitto o i contribuenti?
Di sicuro c’è che più aspettiamo a eliminare il nucleare maggiori saranno i costi per i cittadini. E che per decenni gli operatori delle centrali hanno beneficiato di sovvenzioni pubbliche: l’importo totale dei sussidi è stato di 169,4 miliardi di euro in valore reale tra il 1955 e il 2022. Si aggiungono gli incalcolabili costi di stoccaggio delle scorie che graveranno sulle generazioni future per secoli. Dal punto di vista del prezzo pagato dalla società è moralmente difficile da giustificare il profitto privato sul nucleare. Il sostegno statale sarebbe stato investito molto meglio per la massiccia espansione delle rinnovabili e sulla capacità di stoccaggio dell’energia. Un altro motivo di cui la Commissione Ue dovrebbe tenere conto quando classifica il nucleare come sostenibile.
Entro il 2030 la Germania deve trovare il deposito finale per le scorie nucleari. La scelta del sito, che nessun Land vuole ospitare, sarà tecnica o politica?
Il termine deposito finale, di per sé, è molto ottimista. Difficilmente saremo in grado di trovare davvero un luogo dove poter conservare in sicurezza le scorie per migliaia di anni. La discussione sul politicamente desiderato ma non tecnicamente adatto sito di Gorleben (il deposito attuale) è arrivato a un punto morto e la ricerca del prossimo sito non sarà certamente esente dall’influenza della politica. Per questo serve aprire un dibattito pubblico con la partecipazione della società civile e delle associazioni ambientaliste: è fondamentale per responsabilizzare i politici sul tema.
La svolta ecologica nei bacini carboniferi della Germania non sarà possibile senza massicci finanziamenti per compensare la chiusura delle miniere. Il governo Scholz però non ha ancora un vero piano. I Land sono stati abbandonati?
Le condizioni per il cambiamento strutturale sono cambiate di colpo. Il piano precedente presupponeva che la Germania sarebbe uscita dal carbone entro il 2038 e non il 2030. Può comportare drastiche conseguenze per molte persone, perché i fondi per la compensazione sociale non sono ancora stati adattati alle nuove condizioni. Al contrario, il governo ha usato gran parte dei 17,5 miliardi di euro del Just Transition Fund dell’Ue per gli obblighi della legge sul rafforzamento strutturale dei Land carboniferi. Con questa compensazione però nessun fondo aggiuntivo ora viene ricevuto da queste regioni che perdono somme vitali per il rinnovamento. È vergognoso come vengono trattati i cittadini delle regioni carbonifere, non sono stati mai coinvolti nel processo di pianificazione. In questi Land serve invece una politica industriale per creare posti di lavoro rilevanti per la transizione energetica.
L’era della mobilità sostenibile, secondo Volkswagen, si traduce in 3.000 posti di lavoro tagliati per competere con i costi di produzione di Tesla. Il made in Germany del futuro punta al modello cinese?
In Cina i salari crescono, infatti molte aziende che basano la competitività sui bassi salari migrano verso altri Paesi. Uno dei principi base dell’Ue era la convergenza verso l’alto degli standard di vita, e il concetto serviva anche a contrastare il dumping salariale. In questo momento in Germania c’è l’urgenza di rafforzare il sindacato per garantire la contrattazione collettiva, il contrario del modello di occupazione di Tesla. Il motivo è che proprio i Paesi con un forte partenariato sociale nelle imprese sono quelli in grado di affrontare meglio le crisi economiche.
A proposito di crisi, i liberali nel governo Scholz hanno già avvertito l’Italia che la politica europea della Germania rimarrà ancorata all’Austerity. Mentre a Berlino si torna al debito-zero come ai tempi di Schäuble…
La pandemia ha dimostrato che il mercato non fa miracoli né è capace di governare le grandi sfide sociali del nostro tempo. Con la nuova strategia industriale la Commissione Ue ha ammesso il fallimento dei suoi piani basati sulla dottrina economica neoliberale. In futuro industria e sviluppo dovranno essere sostenuti e guidati politicamente. Ma il ritorno all’austerità difficilmente potrà essere superato, nonostante la miopia della scelta. La grande svolta della politica climatica nei prossimi anni richiede, al contrario, una strategia industriale capace di dare prospettive alle regioni interessate dal cambiamento.
Restando ai cambiamenti, la Linke ha ottenuto un risultato disastroso nelle ultime elezioni. A che punto è il nuovo inizio promesso dai vertici?
Non dobbiamo dimenticarci che nel passato recente altri partiti europei di sinistra hanno subito battute d’arresto da cui sono usciti più forti, e più in generale ci sono esempi anche in Germania: i liberali di Fdp nel 2013 avevano appena il 2% del consenso. Il dibattito nella Linke per risolvere contraddizioni interne radicate negli anni è perennemente in corso, ma sono fiduciosa che il partito uscirà rafforzato e rinnovato in una sinistra progressista socio-ecologista che promuove una politica climatica ambiziosa e socialmente giusta.
La pandemia ha invece colpito ingiustamente le fasce deboli. Ma a Berlino ci sono anche gli infermieri che protestano per i bassi salari e il superlavoro. Che fine hanno fatto i maxi-investimenti per superare la crisi sanitaria promessi dal governo?
Nel breve sarà difficile rimediare ai fallimenti dell’austerità. Anche prima della pandemia in Germania c’erano troppi pochi infermieri, già malpagati e sovraccarichi di lavoro. Bisogna assumere nuovo personale, migliorare i salari e le condizioni di impiego. Solo così gli operatori sanitari riceveranno ciò che gli spetta ora e anche quando sarà finita la pandemia.
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