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I dossier tornano in Antimafia: convocato il capo del Dap

I dossier tornano in Antimafia: convocato il capo del Dap

Il caso Russo era il diretto superiore di Laudati e Striano. Ma per Cantone non c’entra niente. Nelle carte dell’inchiesta versioni opposte sul funzionamento del «Servizio Sos». Il procuratore di Perugia verrà ascoltato soltanto dopo il Riesame

Pubblicato 29 giorni faEdizione del 12 settembre 2024

Sarà il capo del Dap Giovanni Russo il prossimo ad essere ascoltato dalla Commissione antimafia sul caso dei presunti dossieraggi e dei tanti accessi irregolari ai database investigativi da parte del finanziere Pasquale Striano e dell’ex magistrato Antonio Laudati, con le informazioni su centinaia di personaggi pubblici tra politici, sportivi e personaggi dello spettacolo che sono finite di sicuro nelle mani di alcuni giornalisti e – ma questa al momento è solo un ipotesi – anche altrove. Dove? Non si sa. Il procuratore di Perugia Raffaele Cantone, titolare dell’inchiesta su questi fatti, verrà ascoltato solo dopo il 23 settembre, quando sarà già andata in scena l’udienza davanti al riesame sulla sua richiesta di arresto per Laudati e Striano (respinta in prima battuta dal gip quest’estate). Così ha deciso l’ufficio di presidenza dell’Antimafia, che si è riunito ieri all’ora di pranzo e ha stabilito le sue prossime mosse cercando di non pestare troppo i piedi all’indagine di Cantone (che però si è personalmente premurato di fornire alla Commissione gli atti da lui stesso prodotti) in quella che sarebbe una vera e propria ingerenza di un organo parlamentare sul potere giudiziario.

RUSSO, in servizio alla procura nazionale antimafia dal 2009 al gennaio del 2023 quando il governo Meloni l’ha messo a capo del dipartimento penitenziario, era il diretto superiore di Laudati e per questo la sua posizione è centrale nella ricostruzione della complicata vicenda. Tutto sta nel capire come funzionasse il gruppo Sos (Segnalazione di operazioni sospette), di cui facevano parte, in ordine gerarchico crescente, Striano, Laudati e lo stesso Russo. Ecco, sul punto ci sono due versioni opposte della storia. Una di Russo e una di Laudati, con Cantone che, nella sua richiesta di arresto respinta dal gip, ritiene completamente vera la prima e assolutamente falsa la seconda.

LAUDATI viene sentito a sommarie informazioni il 6 giugno del 2023 e in questa sede sostiene che per molto tempo le Sos assegnate alla Dna (quelle cioè che non riguardano processi in corso) erano oggetto di verifiche preliminari allo scopo di capire se fossero o meno utili a qualche indagine. Poi, con l’arrivo di Federico Cafiero De Raho alla guida della procura nazionale antimafia, le cose sarebbero cambiate: la responsabilità delle Sos è passata a Russo e l’organizzazione si è adeguata alla «Circolare Arbore» (dal nome del generale che l’ha scritta) della guardia di finanza, emanata perché molte procure distrettuali avevano cominciato a lamentarsi per la lentezza e i ritardi nella gestione delle Sos. Così venne stabilito che i finanzieri potessero inviare le segnalazioni agli uffici competenti per territorio a prescindere dalle attività della Dna. Il rischio, si capisce, era di duplicare il lavoro (e così si spiegherebbe almeno in parte la grande mole di accessi ai database, che si contano nell’ordine delle migliaia), ma di contro c’era il vantaggio di velocizzare le pratiche. Nel 2022 il successore di Cafiero De Raho, Giovanni Melillo, cambiò nuovamente le cose, avocando a sé la competenza sul tema e nominando prima tre e poi quattro sostituti ad hoc, tra cui ancora Laudati.

IL 14 SETTEMBRE del 2023 è invece Russo a raccontare la sua versione dei fatti. Prima fa presente che il solo fatto di ritenere una segnalazione «di interesse» non significhi che la Dna ci lavori sopra, poi ricorda che a coordinare il lavoro del gruppo Sos c’era Laudati, suo unico interlocutore. In qualche occasione, dice ancora Russo, per motivi di urgenza, sarebbe pure successo che Laudati inviasse i propri atti direttamente al procuratore, senza che lui ne venisse a conoscenza. Per Cantone, dunque, «è evidente» che Laudati fosse «il formale ed effettivo referente del gruppo Sos». Insomma, la faccenda delle eventuali spiate non riguarda Russo, che peraltro con Striano, l’uomo che materialmente estraeva le informazioni, non aveva alcun rapporto. Altri componenti del gruppo Sos, anche loro ascoltati dalla procura di Perugia, hanno detto di essersi sempre confrontati con il solo Striano, senza sapere se lui prima si fosse confrontato o meno con i suoi superiori. Il nodo, dunque, è nell’esatta definizione di quale fosse la catena di comando e come venissero gestite le Sos: chi decideva chi controllare? Per questo l’audizione di Russo in Commissione antimafia diventa un momento cruciale.

CHE L’USO dei database da parte della Dna sia stato in passato quantomeno disinvolto appare comunque un fatto oramai assodato. Prova ne sia la riorganizzazione fatta da Melillo nell’estate del 2022 e le sue dichiarazioni rese in Commissione lo scorso 6 marzo, quando in maniera molto esplicita parlò di «fatti di gravità estrema» ammettendo che, al suo arrivo, l’ufficio presentava sul piano informatico «preoccupanti vulnerabilità» dovute a «una profonda difficoltà, con deficit cognitivo dell’intera struttura». Con allusione finale a qualcosa di più, il «secondo livello» che, soprattutto a destra, viene evocato come ombra lunghissima sui troppi viaggi all’interno dei database: «Non è una deviazione individuale. Difficilmente il sottotenente Striano può aver fatto tutto da solo».

IL PROBLEMA di fondo è che l’esistenza di una vera e proprio opera di dossieraggio è in tutto e per tutto presunta. Ci sono tanti spifferi, certo. E c’è soprattutto la denuncia di Guido Crosetto da cui tutto è partito, con il dito che viene puntato contro le inchieste di un giornale, Domani. Ma, almeno per il momento, non c’è altro.

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