Notre corps, filmare i corpi delle donne dall’inizio alla fine
Cinema La nuova opera di Claire Simon, un racconto sulla femminilità e sulla vita. In tour in Italia, stasera 30 novembre a Roma e poi a Napoli e a Palermo
Cinema La nuova opera di Claire Simon, un racconto sulla femminilità e sulla vita. In tour in Italia, stasera 30 novembre a Roma e poi a Napoli e a Palermo
L’inizio, la fine e, in mezzo, tutto ciò che vivono i corpi delle donne, corpi veri, filmati senza filtri o abbellimenti, nella loro verità dalla nascita alla morte passando per il concepimento, la gravidanza, il parto, l’aborto, le malattie, quelle che colpiscono solo le donne, il cancro al seno, alle ovaie, all’utero, l’endometriosi.
Nonostante sia girato dentro un ospedale, Notre corps, il film più recente di Claire Simon – che sarà presentato stasera a Roma (ore 19.00 Farnese Arthouse); a Napoli l’1 dicembre e a Palermo il 4, all’interno di Sicilia Queer – non è un racconto sulla sofferenza, ma sulla vita, sui corpi delle donne nelle diverse fasi della vita, al di fuori di ogni stereotipo, «nella loro materialità, nella loro bellezza, nella loro singolarità, in assenza di norme, di canoni estetici», come ha detto la regista.
ESIBITO o celato, ritoccato o vestito secondo le mode, spesso messo in posa, il corpo femminile non è quasi mai raccontato senza filtri o schemi estetici. Ma che cosa succede davvero a una minorenne che vuole abortire, a una donna che decide di ricorrere al prelievo di un ovulo? Che cosa significa convivere con il dolore della penetrazione causato dall’endometriosi, malattia perversa che unisce la più grande aspettativa di piacere con la consapevolezza che invece soffrirai? Che cosa comporta sapere che, poco più che trentenne, sei vuoi salvarti dovrai rinunciare per sempre a una gravidanza perché ti devono togliere utero e ovaie? Come reagisce una adolescente che intraprende il cambio di sesso quando il medico le spiega come cambierà il suo corpo con la terapia ormonale? E una donna a cui è stato asportato un seno? Che cosa le interessa di più, dopo? Riuscire a sollevare il braccio come prima o ricostruirsi la mammella sostituita da una cicatrice?
Claire Simon filma tutto ciò partendo da scelte precise. Troupe solo femminile, spiegare alle pazienti che cosa vuole fare, avere la loro autorizzazione. I no sono stati detti di getto non dalle donne, ma dai loro compagni e mariti, come se dessero per scontato che il corpo di lei appartiene a lui.
SI ENTRA, con questo film, anche in meccanismi che troppe volte si danno per scontati. È il caso dell’inseminazione di un ovulo che Claire Simon filma in ogni sua fase, dal prelievo, per nulla gradevole per la donna, che non si lamenta, ma manifesta il dolore attraverso una lacrima che lentissima scende su una guancia. Poi bisogna lavare il follicolo, isolare l’ovulo, selezionare gli spermatozoi più vivaci, prelevarli con una siringa, inserirli nell’ovulo, impiantarlo, aspettare. Nella PMA tutto è sezionato, medicalizzato, controllato e pensi che è un processo legato a una tale quantità di variabili che ti sembra un miracolo che qualcuna resti incinta senza ago e provetta.
Notre corps a un certo punto si trasforma per la regista in una nemesi che, dentro di sé, teme tant’è che all’inizio delle riprese ha un presentimento legato a qualcosa di molto intimo: Claire Simon conosce bene gli ospedali, il padre, malato di sclerosi a placche, vi ha trascorso gran parte della vita. C’è poi un aspetto topografico che all’inizio la fa ridere, ma le mette anche un po’ di paura. Per andare da casa sua all’ospedale, la regista deve attraversare un cimitero, tutto viali alberati, come solo a Parigi trovi. Mentre sta iniziando il film, si dice: «Speriamo che non mi venga un cancro proprio adesso».
EBBENE, proprio durante le riprese scopre un nodulo al seno e, benché quel nosocomio non sia quello dove solitamente si cura, sceglie di fare lì le analisi e di attraversare la barriera della cinepresa, dal di qua al di là, da soggetto filmante a soggetto filmato.
«I medici – ha raccontato – mi avevano detto che sarebbe stato impossibile filmare il momento in cui si annuncia a una paziente che ha un cancro. Quando ho saputo che dovevo sottopormi a quegli esami, mi sono fatta riprendere come quella che ero diventata, una vera paziente. Ne sono rimasta sconvolta. Ho sentito quello che non volevo sentire, mi sono mostrata durante la visita, a seno nudo».
Alla fine qualcuna guarisce, altre no, e sanno che cosa le aspetta. La grandezza di Notre corps sta nel mostrare, in ogni momento, questa consapevolezza di sé che non è regalata, ma si impara strada facendo. Dall’inizio alla fine.
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento